" Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente... Lasciate ogni speranza voi ch'intrate."
So bene che, in questi giorni di imminenti festività natalizie, rievocare un passaggio della cantica dell'Inferno dantesco vada contro corrente, evochi pensieri cupi quando si cerca un minimo di serenità. Ma in tema di cinema ho sempre preferito opere possibilmente poco o nulla zuccherose. E in questo caso specifico, ignoravo del tutto l'opera "Prossima fermata: l'inferno" (fra l'altro ennesimo esempio di titolo italiano sviante rispetto all'originale inglese). Del tutto casualmente, una settimana fa, chiaccherando con un amico di vecchia data rivisto dopo anni, venni a sapere che si trattava di uno dei titoli più significativi del genere horror di questi ultimi decenni. Incuriosito, ho scoperto che il film era uscito in sordina negli USA nel 2008, finendo quasi subito nel campo dell'home video.. È quindi un titolo di nicchia, non foss'altro per essere tratto dal racconto "The Midnight meat train" a firma di Clive Barker (lo stesso che scrisse e diresse "Hellraiser", altro titolo del filone horror).
La trama segue le orme di Leon Kaufmann, giovane fotografo alla costante ricerca di scatti originali da effettuare nella metropoli americana in cui vive (precisamente New York). Allo scopo di proporre qualcosa di originale per essere esposto in una galleria d'arte moderna, il protagonista inizia ad aggirarsi sulla rete metropolitana della città e qui nota un tizio dall'aria decisamente losca. Il soggetto in questione non sarebbe altro che un certo Mahogany, di professione macellaio incline ad azioni da perfetto psicopatico. Sì , perché dilettarsi nel macellare anche carne umana di poveri malcapitati passeggeri presenti a bordo dell'ultimo treno di mezzanotte del metrò non è per niente normale. Leon cerca di pedinare Mahogany, intravisto nelle sue turpi azioni e, dopo aver fatto qualche ricerca negli archivi giornalistici, scopre anche una serie di misteriose scomparse negli ultimi tre anni nella rete metropolitana di New York. Per quanto gli agenti di polizia a cui espone i propri dubbi non gli prestino credito (e d'altronde sembra che i tutori dell'ordine siano conniventi e omertosi), Leon non può lontanamente immaginare che quel macellaio sia il tramite di oscure entità ubicate neile viscere della metropolitana e legate alle sovrannaturali ragioni fondanti della città stessa. Al culmine di un inseguimento serrato e violento, l'epilogo della vicenda non potrà non essere tragico e truculento. Basti sapere che, nel caso siate in dubbio se proseguire un'alimentazione carnivora o intraprendere una dieta vegetariana, non avrete più esitazioni ad optare per la seconda via.
Il regista giapponese Kitamura propone una diligente versione di un racconto di Barker, per quanto i limiti della pellicola non manchino. Intanto il protagonista Leon non è reso al meglio dall'attore Bradley Cooper, con quell'aria un po' attonita da bravo ragazzo per nulla convinto di quanto gli sta capitando. Molto meglio semmai è la prova recitativa di Vinnie Jones, che spicca per l'espressione maligna di Mahogany e che regge bene l'intera vicenda incalzante della trama (certamente un soggetto da evitare se lo vedi venire nella tua direzione di marcia). Poi il ritmo dell'azione a tratti rallenta , con certe lungaggini legate alle schermaglie amorose fra Leon e la ragazza con cui convive.
Ma il vero limite intrinseco all'opera è inerente a quanto è alla base dell'intreccio, ovvero ai mandanti occulti di questa mattanza sul metrò. Infatti, nel racconto di Barker si specifica l'esistenza di una realtà parallela a quella alla luce del sole, che nulla ha di rassicurante e si richiama a tematiche tanto care ad un autore maledetto come Lovecraft, molto attento a ricordarci che esiste un ignoto per sua natura innominabile, tenebroso, da evitare di conoscere. E d'altronde lo stesso Wittgenstein, filosofo attento a connettere il linguaggio alla realtà circostante, riteneva che esiste pur sempre un indicibile che esula dalla comunicazione. È qualcosa di irrapresentabile.
Infatti il regista Kitamura, molto accurato nel rendere scene di squartamenti e macellazioni, non indugia invece nell'inquadrare certe entità inquietanti che praticano il cannibalismo nelle viscere del metrò di New York, conformemente ad un temibile rito sovrannaturale risalente alla notte dei tempi quando fu fondata la città. È tutto troppo terribile da mostrare chiaramente alla luce del sole. Siamo insomma dalle parti di un horror metafisico, anche se più cruento rispetto allo stile di un grande autore come Stephen King (basterebbe pensare all'atmosfera inquietante di "Shining" solo per fare un esempio).
Sostanzialmente, resta un film comunque angosciante, pur non essendo completamente riuscito negli snodi della trama. Mi resta però, dopo la visione, una sottile inquietudine nel salire su vagoni poco affollati del metrò, dopo una certa ora. Non sarà per caso che un certo passeggero solitario sia custode di qualche terribile segreto, del genere hobby violento inflitto a passeggeri ignari ed innocenti?
Carico i commenti... con calma