Vi rivelo una piccola notizia bomba: a Marrazzo, giornalista Rai e ormai ex governatore della regione Lazio, gli garba fare il trenino con i transessuali. Lo sapevate di già?! Ma come! Non ne ha parlato nessuno! Vabbè, pace.
Tralasciando le vicende pruriginose dello sventurato Marrazzo (che paradossalmente è andato a cercare protezione e riservatezza in un convento di frati, praticamente come se un alcolista andasse a lavorare in distilleria) le domande che sorgono spontanee all'avventore medio da bar, tra un Campari e gin e un bicchiere di rosso di quello bòno, sono le più disparate, ma una le sovrasta tutte: "Ma tutti i viados sono brasiliani?". La risposta è, ovviamente, "No: ci sono anche quelli fiorentini". La città di Dante e la sua area metropolitana hanno storicamente ospitato una discreta comunità di travestiti che la notte popola il parco delle Cascine per sfogare i propri istinti sessuali sin da tempi non sospetti, molto prima dell'invasione di mammelluti uomini mulatti a cui si assiste da un po' di anni. In mezzo a questa variopinta fauna di particolarissimi individui non poteva certo mancare l'artista, il faro che si erge a dare visibiltà alla categoria. Ecco quindi Sabrina, in arte Sabryna Trash, transessuale pratese con base lavorativa nella zona industriale di Calenzano, meta obbligatoria, in quelle lande, di ogni puttantour che si rispetti.
La nostra Sabryna è un personaggio di un certo rilievo nell'underground fiorentino-pratese: tra una marchetta e l'altra (rigorosamente con ultraquarantenni camionisti meridionali pelosi e con pancetta, come tiene a precisare) tiene concerti in locali alternativi (o meglio: "prestigiosamente squallidi"), ha un agguerrito fanclub (la "Sabryna Tribe") e, soprattutto, può vantare una spaventosamente vasta discografia ormai ventennale. Sì, perché la diva imperettata (come si definisce lei) non è un mero fenomeno web dei globalizzati tempi moderni ma è sulla cresta dell'onda (si fa per dire) dal lontano 1989, quando comincia a registrare pezzi che circolano sotterranei sottoforma di cassettine. Su di lei girano inquietanti leggende: ad esempio quella su un sedicente videoclip girato artigianalmente nei bagni pubblici della stazione di Prato, dove la diva sderenata e il suo operatore video avrebbero rischiato il linciaggio molestando i malcapitati defecatori.
Musicalmente parlando siamo al cospetto del corrispettivo transgender di Leone di Lernia, con tanta volgarità in più e tanto business in meno. Le prime "pubblicazioni" (audiocassette artigianali abbandonate nei bagni degli autogrill) non sono altro che rozze registrazioni casalinghe dove la nostra Sabryna raglia pietosamente sopra i brani originali di note popstar italiane e non dell'epoca (Renato Zero, Gianna Nannini, George Michael, Boy George), in seguito le sue mire si focalizzano su Madonna (epica la sua parodia di "Confessions on a Dancefloor": "Confessioni in un Cesso Pubblico") per poi approdare, con il disco oggetto della recensione, al garrulo ed ovattato mondo del pop contemporaneo: Rihanna, Lady Gaga e compagnia trombante.
Parto travagliato quello di questo album, ma finalmente nell'aprile del 2009 viene alla luce "Bando alle Ciance: Scopiamo!" ennesimo album della diva imperettata (dovrebbe essere il ventunesimo!), dove viene accantonata, come dicevo, l'idolatria per miss Ciccone per sondare le nuove leve del pop mondiale. Il primo impatto col disco fa gridare alla vaccata colossale, dopo averlo ascoltato però non si ha totale repulsione: si avverte un qualcosa di familiare, si avverte un qualcosa di fastidioso ma conosciuto, si avverte un qualcosa di subdolamente lobotomizzante, si avverte, insomma, aria di Mtv: il contenitore commercial-musicale dove un personaggio volgare, esibizionista e sessuomane come Sabryna sguazzerebbe felice come un maiale nei liquami suoi e dei suoi simili. La differenza sta nel fatto che lei è ben conscia di essere la quintessenza del cattivo gusto e della mancanza di qualsiasi dote e abilità che non sia l'uso del pollice opponibile. E di tutto questo ha fatto il suo manifesto programmatico, nome d'arte in primis.
Prendete un qualsiasi disco di musica pop internazionale degli ultimi mesi, privatelo di tutti gli orpelli visivi che ne fanno, quantomeno, un esercizio di estetica applicata al commercio di un certo valore (artwork del cd, videoclip, coreografie live ecc.), toglietegli l'organizzazione diabolica della grossa major che dalle retrovie foraggia l'immissione in "heavy rotation" in radio e tv, levategli le magie di uno scaltro produttore e l'immagine esteriore data dall'avvenente sgallettata di turno prelevata dalla stalla delle aspiranti playmate e messa davanti ad un microfono, quello che rimane è questo dissacrante dischello: una raccolta di brani sintetici facili facili, appiccicosi come il miele e di una povertà stilistica disarmante. "Trash" allo stato puro.
Quale base migliore per l'ambigua diva calenzanese? Eccola allora lanciarsi in arditi vocalizzi in spregio a qualsiasi basilare tecnica canora e pietà per le orecchie altrui, quasi impreziositi da testi estremi come pochi: un rutto in faccia ai benpensanti, volgarità gratuita che in fondo non è altro che la sua quotidianità. Come non levarsi il cappello (e vomitarci dentro) di fronte ad un'androgina cantante (più andro che gina) che su una ritmata base pop decanta il suo amore per l'urina e quello conseguente per il pissing in un brano come "Pisciatemi in Bocca"? La tematica affrontata in questi pezzi è sostanzialmente sempre la stessa: la spropositata passione ornitologica dell'artista e le continue peripezie tra un bagno pubblico e l'altro alla frenetica ricerca di un ripieno adeguato per il suo retrotreno ("Usami e Gettami" e "Erezione a Catena").
Altri temi paralleli e complementari a quello centrale sono la critica alla società che l'ha emarginata in "Ke Dio Vi Maledica" ("Per la società dovrei essere sgozzata. Sono una bastian contraria, una scurreggia e cambio aria. Da quando sono nata faccio pena alla gente ma se vuoi saperla tutta a me non me ne frega niente. Che Dio vi maledica e a me a pecora mi benedica."), il sesso come arma per ottenere favori e affermazione sociale in "Vanno con Tutti" e gli scandali sessuali in ambienti clericali in "Bagascia Infernale", dove Sabryna duetta con padre Karras de "L'Esorcista". Menzione a parte meritano due brani in particolare: "Tegame" e "La Mia Vita di Merda".
"Tegame", che in Toscana significa "donna di facili costumi", non è altro che una sublime e spassosissima cover di "Poker Face" di Lady Gaga (vi giuro che ho conosciuto questa Lady Gaga tramite il pezzo in questione) con l'ormai usuale testo infarcito di auliche figure che solo una escort per camionisti può partorire ("In vita mia cos'altro ho fatto di male chissà, se tutti i santi giorni penso solo a chiavar. Mi travesto sennò fo la fame, sono Sabrina e sono un tegame... Non vado certo coi Cinesi, cerco solo grossi arnesi. Non cerco solo muratori ma una gang-bang che mi deflori"). "La Mia Vita di Merda" è l'epilogo dell'album: un brano intimista e fuori dai consueti canoni della diva imperettata che racconta la giornata tipo del viados impegnato tra lavoretti domestici, la cura della capigliatura sintetica, quella dello strumento di lavoro (le perette, ovvero i lavaggi rettali) e la visione di "Forum" su Rete 4 ("Adoro fare le lavatrici, mescolare i detersivi mentre prendo antidepressivi.. Preparo la conserva senza pretese, ci metto anche un po' di marchese, sono proprio una cuoca perfetta... Una canna e un po' di grappino sono già pronta a fare un b...hino, magari, perché no, anche al mio vicino"): uno spaccato di vita reale senza pari.
Dulcis in fundo (dolce, sì... ma anche un po' salato, come direbbe il buon Malgioglio...) l'intera discografia di Sabryna Trash è scaricabile gratuitamente e senza limiti dal suo sito internet. Regalo una bambolina (gonfiabile) al primo che riconosce tutte le canzoni a cui sono state prese in prestito le basi. Buona ascolto. Ma anche no!
BBBANANEEEEEE, BBBANANEEEEEE A UN EURO E MEZZOO!!! BBBANANEEEEEEEEEE!!!!!!!
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