[NESSUNO SPOILER TRANQUILLI]

In genere si parla di “teen drama” perché “adolescenti che si strafanno e scopano a caso”, suona troppo greve. Il filone è ormai ampiamente collaudato, ha prodotto un copioso numero di filmetti e prodotti televisivi pressoché indistinguibili uno dall’altro e si è generalmente portati ad attribuirgli scarso valore ed elevata stereotipizzazione. Quindi perché mai chiunque sopra i vent’anni dovrebbe prendersi la briga di guardare “Euphoria”? A maggior ragione che la protagonista principale Zendaya Coleman, è uscita da quel vivaio di future tossicodipendenti con disturbi della personalità che è Disney Channel. Eppure pur con evidenti limiti, perlopiù dettati dalla giovane età dei destinatari della proposta, ha delle qualità che vanno dalla capacità di coinvolgere lo spettatore con una trama ben congegnata, a uno sviluppo dei personaggi dettagliato e coerente, che a molte serie rivolte a un target più adulto mancano.

Il primo metro di paragone che può venire in mente, probabilmente è “Skins”. A differenza del serial inglese però, qui troviamo poco gusto per le situazioni surreali e molto per quelle estreme. Ovviamente si calca la mano ma pur col loro carico di violenza, abuso di sostanze e perversioni sessuali, le situazioni ritratte a conti fatti sono dannatamente verosimili. Man mano che gli eventi vanno delineandosi, non si può fare a meno di chiedersi fino a che punto riusciranno ad essere abbietti i protagonisti, quanto gravemente la malattia che li contraddistingue potrà degenerare. Si gioca molto sul filo della pornografia, senza farsi troppi problemi ad addentrarvisi direttamente.

Zendaya non solo offre una buona prova di recitazione ma grazie a un lavoro ben calibrato in fase di scrittura, si rivela una scelta particolarmente azzeccata in qualità di voce narrante che svela molti retroscena scomodi sul conto dell’umanità che la circonda. Un’umanità come dicevamo sicuramente borderline ma non al punto da apparire completamente avulsa da una realtà, quella statunitense, che ha sempre avuto una spiccata propensione alla produzione di mostri. Il contesto liceale con tutto il suo corollario di macchiette e tempeste ormonali, alla fine rimane un dettaglio piuttosto marginale. È nello scatenarsi delle pulsioni più recondite, nella perdita dei freni inibitori che gli episodi trovano il proprio baricentro.

Purtroppo nelle ultime due puntate, il tessuto narrativo fino a quel momento quasi impeccabile, inizia a sfilacciarsi visibilmente. Gli autori riescono a evitare solo in zona Cesarini un finale clamorosamente deludente e questo non può che pesare negativamente sul giudizio complessivo. Un vero peccato perché la partenza è veramente col botto, in un climax ascendente di trovate ed espedienti che sanno sempre come incuriosire e intrattenere. Dal punto di vista prettamente tecnico invece c’è ben poco da segnalare, ma ci mancherebbe anche che una produzione di HBO costata un sacco di soldi fosse girata male. In conclusione “Euphoria”, riesce ad attingere a piene mani da un immaginario fin troppo abusato, rielaborandolo e restituendolo in una chiave di lettura fresca e assolutamente attuale. C’è da augurarsi non la tirino troppo per le lunghe perché anche se il cedimento nella parte finale è evidente, il potenziale per un piccolo cult c’è tutto.

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