Nel 1972, tra il mare della Versilia e le Olimpiadi di Monaco, Gigio scopre il mondo, la musica e una ragazza che gli cambia la vita. Ma Veronesi non scrive un romanzo estivo: scrive la fine della fanciullezza. E lo fa nel modo giusto: con una scrittura scorrevole, sintassi semplice, lessico chiaro, ma senza precludersi la possibilità di dire cose complesse, di spiegare le emozioni sfumate di un ragazzino che vive di piccole questioni (inizialmente), e che scopre se stesso attraverso lo sguardo degli altri.
Poche cose, raccontate bene. L’estate del protagonista, Gigio Bellandi, è particolarmente realistica perché davvero poco entusiasmante. Un padre non sempre presente (per lavoro…) o comunque molto autocentrato (la smodata passione per la barca), una madre irlandese con le sue rigidità, una sorella più piccola molto acuta, costretta a combattere con il solleone a causa della sua patologia. Lo zio Giotti, con le sue strane abitudini. L’ossessione di Gigio per lo sport, le Olimpiadi, ma anche linus, i primi dischi in vinile, la musica.
Ma poi c’è Astel Raimondi, il primo amore. Veronesi descrive benissimo lo sforzo di un dodicenne – ancora per metà bambino – nel tentativo di risultare carismatico, colto e interessante agli occhi della ragazza di cui è cotto. L’inglese (che conosce grazie alla madre), le traduzioni dei testi di Bowie e di tanti altri, i primi strappi con i genitori. E in mezzo a tutto questo, la più splendida e veritiera grammatica dell’amore, del primo amore.
— Siamo stati insieme tutto il pomeriggio senza baciarci. È stato bellissimo.
La scrittura di Veronesi appare particolarmente curata, ma spontanea, e soprattutto attenta a stabilire un canale comunicativo rapido ed efficace con il lettore. La sintassi asciuttissima e il lessico semplice (salvo qualche perla nascosta qua e là) creano un ponte quasi ipnotico che impedisce di staccarsi dalle pagine, anche quando non succede granché.
Il discorso diretto è quasi assente, come se l’autore volesse ricreare la sensazione che queste trecento pagine siano proprio un resoconto scritto davvero da Gigio, ma molto tempo dopo, quando è adulto e si guarda indietro.
E in ogni caso, pur nella sua leggerezza, si arriva al punto in cui la fanciullezza finisce: un evento traumatico, annunciato fin dalle prime righe del libro, e che crea un effetto di attesa spasmodica. Il fatto viene svelato solo verso la fine, e le conseguenze accennate brevemente, con un tono sempre affabile, mai pretenzioso, intelligente ma non supponente – come mi sembra essere questo autore.
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