Attore passato alla regia, Scott Cooper ha esordito con "Crazy Heart" (2009), con il quale è riuscito fin da subito a trovare una certa notorietà, grazie alla buona affermazione agli Academy Awards nel 2010. Dopo è arrivato "Out Of The Furnace" (2013), lavoro che ha avuto una gestazione complicata con diversi cambiamenti di cast. Lo stesso Cooper si è ritrovato a girare il film senza esserne il primario esecutore, visto che in un primo momento il progetto era stato affidato ad un semi debuttante come l'inglese Rupert Sanders.

Arrivato in Italia con un titolo che di nuovo è meno profondo dell'originale, il film racconta la storia dei due fratelli Blaze: Russell (Christian Bale) operaio in fabbrica e Rodney (Casey Affleck) soldato reduce da diverse missioni in Iraq. Il racconto (sceneggiatura curata anche dallo stesso Cooper) è inserito in un contesto povero e degradato, dove non si può sfuggire alla miseria della "suburb" americana.

Cooper non è uno sprovveduto, sa fare bene il suo mestiere, sa come dare tocco visivo alle sue pellicole: purtroppo però, il suo secondo lungometraggio è un film eccessivamente povero di personalità e veramente troppo infarcito di clichè. Il rapporto tra il fratello tranquillo che cerca di aiutare l'altro autodistruttivo è un espediente di scrittura già visto troppe volte per risultare veramente coinvolgente, così come la malattia del padre e l'incidente che porterà Russell in carcere sono solo due macigni di drammaticità che non aiutano a definire le personalità dei personaggi. Arrivano all'improvviso, calcano la mano sul destino che è avverso ai fratelli Blaze ma sembrano quasi episodi slegati dal resto della sceneggiatura. Screentime buttato via.

Appare chiaro fin da subito che Cooper non vuole soltanto raccontare la sua storia, ma anche mostrare i residui della crisi economica che ha colpito gli States. Il suo obiettivo rimane di lato rispetto al resto, ma un acenno ad Obama di quà, la povertà ostentata di là, non riescono a creare una vera forza critica. Anche in questo caso Cooper e la sceneggitura dimostrano di avere le idee confuse. Il plot non riesce mai ad alzare il livello verso qualcosa d'altro ed ecco come il film rimane un semplice revenge movie come tanti altri. Per di più lo stesso character principale interpretato da Bale è poco coerente e da uomo moralmente integro diventa nel finale una macchina di morte che è totalmente in rottura con il personaggio delineato fino a quel momento. Ma già la non-reazione alla notizia della morte del fratello era un punto in negativo sulla scrittura del protagonista.

I simbolismi di Cooper sono abbastanza vuoti e fine a se stessi (Affleck agnello sacrificale nella scena dello scuoiamento del cervo), e molti altri sviluppi sono telefonati e di nuovo già visti e rivisti (il tradimento della fidanzata di Bale). Come se Cooper cercasse più la "drammaticità d'atmosfera", che la reale coerenza dello script. Ecco quindi che uno dei pochi personaggi che funziona è il "villain" DeGroat (Woody Harrelson), folle, schizzato, alcolista e senza scrupoli. Non ci si aspetta altro da lui. Forse scontato perchè unilaterale, ma coerente come non lo sono gli altri.

"Il fuoco della vendetta" è un misto di dramma e thriller dai contorni già intravisti altre decine e decine di volte. Non che sia un'opera completamente da buttare, perchè Cooper costruisce un film che registicamente resta quadrato e con una fotografia adatta a far risaltare la miseria della location. Il suo è un racconto che vuole fondere l'anima ribelle di "Killing Them Softly" di Dominik e che riprende la struttura narrativa dello splendido "Lupo solitario" di Sean Penn. Ma il suo sguardo è di "riciclo" e il film finisce per essere un revenge movie dai risvolti scontati, con un cast straordinario che non riesce a tener su una sceneggiatura con troppi problemi.

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