Se la parola "spoiler" vi irrita, perché l’associate a film che vivono e muoiono per il colpo di scena finale, allora Anthropoid potrebbe essere la boccata d’aria che cercavate. Nessun trucco da quattro soldi, nessuna improbabile svolta narrativa: solo una narrazione asciutta e devastante, come lo sfondo su cui si muovono i protagonisti.
Ambientato nella Praga occupata durante la Seconda Guerra Mondiale, il film rientra nel filone dei drammi storici come Valkyrie, incentrati su piani disperati per porre fine al terrore nazista. Qui il bersaglio è uno dei più mostruosi carnefici del Reich, Reinhard Heydrich, soprannominato "il boia di Praga". Per eliminarlo, alla fine del 1941 il governo ceco in esilio, con il supporto dello Special Operations Executive britannico (SOE), lancia l’operazione Anthropoid: due giovani soldati, Jozef Gabčík e Jan Kubiš, vengono paracadutati a Praga per eseguire la missione.
Cillian Murphy e Jamie Dornan interpretano magistralmente i due protagonisti, dotati di un carisma che contrasta con la brutalità del mondo che li circonda. Jan, il più vulnerabile, si tormenta per l’assenza di un piano di fuga dopo l’attentato. Jozef, più pragmatico e disilluso, sembra accettare fin dall’inizio che il loro destino sia segnato. Osserva quasi con compassione il suo compagno che si innamora di una giovane donna della resistenza, arrivando persino a chiederle di sposarlo.
Mesi di clandestinità trascorrono in un’attesa logorante prima che l’ordine di procedere arrivi e, come spesso accade, l’attentato non si svolge come previsto, aprendo la strada a una spirale di rappresaglie tanto inevitabili quanto disumane.
I nazisti, giustamente, non vengono mai messi al centro della scena, non meritano di essere conosciuti da vicino: restano una massa indistinta di barbari feroci, il cui unico scopo è seminare terrore.
La narrazione è sobria, quasi austera, e questa scelta rende ancora più sconvolgenti le rare ma inevitabili scene di brutale violenza. La colonna sonora, minima e discreta, è ridotta ad un cupo sottofondo durante l’assedio finale in una chiesa di Praga, in un crescendo tragico quasi insostenibile. Il rallentatore è usato con parsimonia, ed enfatizza il panico e la claustrofobia, fino all’inevitabile epilogo, commovente e catartico.
I titoli di coda, che riportano il numero spaventoso di vittime delle rappresaglie, tralasciano però un dettaglio importante, l’unica briciola di giustizia in questo racconto cupissimo: il traditore della cellula della resistenza, che aveva venduto informazioni per un milione di marchi, non visse felice e contento. Venne trovato, processato e giustiziato nel 1947.
Anthropoid è un film che colpisce per la sua sincerità, per la delicatezza con cui dipinge le fragilità umane e per la sua capacità di restituire il senso della tragedia storica senza indulgere in facili spettacolarizzazioni.
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