"Genesis does what Nintendon't"

Questa frase tanto sbruffona quanto sgrammaticata fu l'inizio della più epica delle console war. Non fu certo la prima ma al confronto le baruffe dei primi anni '80 fra Atari 2600 e Mattel Intellivision erano dispetti fra bambini che furono zittiti nel 1983 dalla Grande Crisi del Videogioco, un evento mai abbastanza ricordato negli annali: il mercato si saturò, i consumatori si stancarono di una scelta così ampia di tecnologie ancora in fase embrionale perlopiù inaffidabili e di conseguenza molte aziende fallirono.
...silenzio...
Poi un nuovo botto, in caps lock: NINTENDO ENTERTAINMENT SYSTEM. Era il 1985, il Rinascimento, un miracolo dovuto a un'azienda giapponese che prima produceva carte da gioco che fu capace di vendere 60 milioni di console NES (Famicom in Giappone) e a stabilire un solido monopolio con l'aiuto di un idraulico (ex-carpentiere) italiano e di alcune contratti di esclusiva non proprio onestissimi.
Le altre case produttrici che un tempo prosperavano potevano solo stare a guardare e pianificare ritorni in grande stile. Come l'Atari che dopo il successo del suo 2600 e il megaflop del 5600 provò a rimettersi in carreggiata col buono ma non eccezionale 7800 per poi passare dalla numerologia ai felini con il Jaguar e il portatile Lynx che la misero definitivamente KO.

Un'altra azienda ben più vecchia (1951), la SEGA, proveniente dal business delle macchine per fototessere, volle provare a inserirsi nel rinato mercato delle console a 8-bit con il suo SG-1000 Mark III conosciuto in Occidente come Sega Master System. Poco importava che avesse una grafica migliore del NES e qualche simpatico accessorio come degli occhialetti per vedere i giochi in 3D, la mancanza di giochi di punta non poteva reggere il confronto con l'incredibile catalogo zeppo di instant classics della Nintendo.
Nonostante il Master System fosse una macchina tutt'altro che obsoleta (non a caso in Europa ebbe molto più successo e al sottoscritto fu regalata la versione II nel 1994) la Sega giocò d'anticipo e introdusse la quarta generazione di console già nel 1989 con il Genesis, conosciuto in Europa come Mega Drive (e pubblicizzato in Italia da Gerry Calà con Sega pronunciato come "Siga" per evitare spiacevoli ironie).
"Il Genesis fa quello che Nintendo mica no" e se da una parte era un'insolenza ben giustificata dai suoi 16-bit di potenza da un'altra la Sega continuava a soffrire per una selezione di giochi non proprio stratosferica (un gioco con Michael Jackson... sul serio?) e veniva venduto in bundle con quello che era ritenuto la sua killer application, Altered Beast, un gioco per l'epoca tecnicamente avanzato (uuuuh ci sono le vocine: "Welcome to your doom!". Paura!), anche se invecchiato piuttosto male, e in generale nulla che, dal punto di vista del gameplay, non si fosse già visto negli 8-bit. Non c'era niente da fare: serviva un simbolo, una mascotte che potesse punzecchiare il sedere del grasso idraulico.

E nel 1991 quel simbolo venne rotolando a 200 km/h giù per una verde collina ed era blu, ed era fichissimo, arrivò al fotofinish un paio di mesi prima dell'arrivo del Super Nintendo Entertainment System, la console a 16-bit della Nintendo. La Grande Guerra delle Console era veramente iniziata, con un'esplosione atomica, anzi supersonica. Quel simbolo, infatti, era Sonic il porcospino blu, uno di quegli sprite, un cumulo di pixel, che possono cambiar la storia dei videogiochi se soltanto gli si dona la giusta rincorsa.
E quella rincorsa ce l'aveva eccome, Sonic The Hedgehog, un platform game ben differente dalla sua nemesi nintendiana. Se Super Mario Bros. puntava tutto sul controllo preciso al millimetro del personaggio Sonic propendeva per un approccio più sopra le righe dove quel tipo di controllo poteva pure essere perso in favore dello scopo finale: arrivare a fine a livello nel minor tempo possibile. Correndo a velocità folle lungo discese, giri della morte, precipizi, piattaforme friabili, falciando nemici su nemici e raccogliendo anelli d'oro (il corrispettivo delle monete mariesche) in quantità. Avendo cura poi di non farsi toccare dai nemici poiché in tal caso si dovrà assistere alla dolorosa scena della dispersione di tutti gli anelli che raccolto con cura in precedenzza. Dolorosa anche perché Sonic muore se i nemici lo toccano di nuovo quando non ha nessun anello con sé e perché servono almeno 50 anelli per accedere ai livelli bonus. Questi sono dei flipper rotanti psichedelici e senza gravità nei quali Sonic rotea e rimbalza per raggiungere gli Smeraldi tanto ambiti dal suo nemico, il perfido Dr. Robotnik. Una volta finito il gioco con tutti i 6 Smeraldi potremo godere del miglior finale del gioco. Difficile ma soddisfacente.

I livelli strutturati sia in verticale che in orizzontale possono essere percorsi in modi diversi a seconda che si cerchi la velocità pura o si opti per un approccio più esplorativo e ogni 3 livelli a Sonic tocca affrontare il Dr. Robotnik che, come un Wile E. Coyoye nipponico, propone di volta in volta un nuovo macchinario per tentare di porre fine alla sfrenata corsa del suo spinoso avversario. Sconfitto Robotnik, Sonic può passare alla zona successiva tematizzata diversamente dalla precedente: Green Hill Zone, la prima, è il marchio di fabbrica di Sonic, quella che mostra le sue potenzialità, colori in ogni dove e discese ripide; Marble Zone è “pompeiana” nella sua commistione di lava e architetture antiche; Spring Yard Zone è un flipper con colori acidi, neon e strutture respingenti; Labyrinth Zone, un misterioso tempio sommerso, è la più lenta e pericolosa poiché Sonic non può restare sott'acqua troppo a lungo; infine Star Light e Scrap Brain Zone sono a tema tecnologico (e forse le meno ispirate).
Il comparto visivo è la vera spinta propulsiva del frenetico porcospino: sullo schermo potremo vedere tutti i colori dell'arcobaleno in contemporanea, l'immagine è vibrante e sembra uscire schermo nonostante sia soltanto un gioco bidimensionale, grazie agli efficacissimi sfondi in parallasse che non rimangono fermi ma si muovono con il personaggio. Nulla del genere si era mai visto prima e persino il più potente Super Nintendo faticherà a emulare questo stile.  A sottolineare cotale esplosione di colore contribuisce, poi, la frizzantissima e memorabile colonna sonora techno-funk di Masato Nakamura.

Se dunque dal punto di vista del gameplay Sonic è un semplice platform sono le piccoli innovazioni e la perfetta commistione di elementi a renderlo veramente unico: un trip così vivace che nemmeno i funghetti del baffetto creato da Shigeru Miyamoto sanno dare.
Sonic The Hedgehog rimanda a un'epoca in cui le guerre fra console avevano senso poiché spingevano sistemi veramenti differenti a seconda del tipo di giochi che proponevano. Era il tipo di esperienza videoludica ricercata a definire il miglior acquisto: una questione soggettiva, non di hardware.
Come ben si sa le guerre non hanno mai vincitori e portano a un sacco di cattive decisioni. Sega cercò di colmare il gap tecnologico con costosi e poco riusciti add-on per il Genesis: il Sega CD e il 32x. Nintendo durante il processo di progettazione di un add-on per cd rifiutò la partnership con una grossa azienda. Questa gli si rivoltò contro sviluppando quell'add-on come una console a sé stante: la Playstation. Sappiamo come andò a finire nella generazione successiva.

Sega e Nintendo arrancarono nelle successive due generazioni di console con, rispettivamente, Saturn e Dreamcast e Nintendo 64 e Gamecube. Ma la Sega molto di più, tant'è che nel 2001, in forti ristrettezze economiche, dovette dismettere il Dreamcast, darsi soltanto allo sviluppo di software e stipulare un trattato di pace con Nintendo.
Nonostante tutto Sonic The Hedgehog rimane e rimarrà un videogioco epocale che ha resistito meravigliosamente alla prova del tempo. Oggi è possibile giocarlo su qualsiasi piattaforma (compreso il Master System, in una versione ridotta e differente ma uguale nello spirito). Lo si trova in diverse compilation o su i vari servizi di download come Xbox Live Arcade, Sony Network, Wii Virtual Console, ecc. Ma anche un semplice emulatore basterà. Infine, i seguiti seppur buoni e ancor più movimentati non riuscirono a confrontarsi col fascino dell'originale e, in particolare, la transizione al 3d non è stata affatto indolore ma oggi come ieri Sonic resta la ganza mascotte della Sega come Super Mario resta quella della Nintendo.

E 20 anni dopo la loro prima sfida possiamo vederli gareggiare pacificamente alle Olimpiadi.

Carico i commenti... con calma