La trama: Timoteo (S. Castellitto) è un chirurgo, verso i cinquanta, che lavora in un ospedale di Roma. Un giorno piovoso, mentre sta operando, viene interrotto da un'infermiera (A. Finocchiaro) che gli comunica che la figlia quindicenne, Angela, è stata appena ricoverata in gravi condizioni, causa incidente col motorino. Mentre i suoi colleghi tentano di salvarla, Timoteo, in assenza della moglie (C. Gerini), a Londra per lavoro, rimembra l'epoca della nascita della figlia. A seguito della panne della propria auto, già sposato, aveva conosciuto Italia (metafora, sottile, sottile) (P. Cruz), popolana disturbata che vive nella suburbia romana. Al loro primo incontro, Timoteo prende con violenza Italia. Poi afferma di essersene innamorato. Nel contempo chiede alla moglie di togliersi la spirale ed avere un figlio. Mette però prima incinta Italia. Torna a casa dalla moglie per dirle che la lascia: questa gli comunica che pure lei incinta. Così prima concorda con Italia l'aborto, poi ci ripensa. A questo punto Italia, che è la meno rincoglionita del gruppo, decide di abortire da sola. Il giorno della nascita della figlia, Timoteo ha l'ennesimo ripensamento e decide di scappare con Italia: nel sud del Belpaese questa muore, poiché l'aborto è mal riuscito e nonostante un tentativo di salvataggio in extremis del nostro. Finito il flash back Finocchiaro comunica a Castellitto che la figlia è salva. Arriva la Gerini. Happy end.

I personaggi: Timoteo (che bel nome, in quanti altri ce l'avranno in Italia? Ma anche che bella metafora, infatti il nostro ad un certo punto afferma che "Dio non esiste"... a me Timoteo fa venire in mente il nemico di Braccio di Ferro, Bluto, ma io sono scemo, eh!), è, quel che si dice, un merda. Dice bugie sia alla moglie che all'amante, è totalmente incapace di prendere una decisione, i rapporti sessuali li pratica con eccessiva violenza, non ha amici. Perché dovremmo appassionarci alle vicende di codesto stronzo? E' talmente odioso che uno spera che gli muoia anche la figlia. Il personaggio della Gerini, la tipica sciuréta borghese, è così insignificante che manco mi ricordo come si chiama. L'unico interessante è Italia, che però non si comprende perché si innamori del predetto Castellitto, visto che, come detto sopra, è fondamentalmente un merda. Per darle un po' di finto spessore, visto che a tratti sembra una minus habens, Italia è appesantita anche da un ulteriore fardello (è stata molestata dal padre quand'era adolescente: e non è dolore, è solo cliché). I personaggi di contorno non hanno nessuna rilevanza e quindi è inutile che ve ne parli.

Gli attori: Castellitto ha una monotona espressione da triglia bollita per tutto il film, sia che faccia sesso con la Cruz, sia che stia in attesa di sapere se sua figlia morirà o meno. La Gerini invece è la solita burina impanata. Qualsiasi ruolo affronti, ce la vediamo sempre mentre rimastica un chewing-gum, il suo bolo personale. Si salva la Cruz. Il suo impiego peraltro la dice tutta sullo stato di salute delle attrici italiani: se per impersonare una popolana romana (noi che abbiamo avuto la Magnani, la Loren, la Vitti) dobbiamo andare a trovarla all'estero, un motivo ci sarà. D'altronde, provate ad immaginarvi una Capotondi od una Chiatti, fra le giovani, od una Mezzogiorno od una Neri, interpretare il ruolo: stareste a ridere per metà del film (dovrebbe trattarsi di genere drammatico, credo).

La regia: parlare di regia inesistente sarebbe sbagliato. No, perché Castellitto pure ci prova. Ha visto Antonioni in gioventù e crede di averlo capito, od almeno di ricordarselo. Vi sono alcune scene assolutamente improponibili: se solo Castellitto avesse un po' di senso del ridicolo, ce le avrebbe risparmiate.

Dopo il primo rapporto sessuale con Italia, Timoteo va sulla spiaggia e scrive sulla sabbia, mentre la moglie si sta tuffando in mare, "Oggi ho violentato una donna". Credo non servano commenti. Quando chiede alla Gerini di avere un figlio, questa gli chiede perché. Risposta: "Ho voglia di vedere un aquilone volare". Ad un certo punto, invece di annaffiare le piante sul balcone di casa, ci fa sopra una pisciatina (cogito, ergo sum).

Le scene di sesso (un rapporto con la Gerini prostrata su un tavolo pieno di conchiglie, un altro con la Cruz, sotto la pioggia, ai piedi di una stamberga) ci fanno rimpiangere il peggior Siffredi regista (per fortuna dello spettatore, il Castellitto ha una velocità d'esecuzione inferiore alla durata di una gara di atletica sui cento metri). (Scusate l'inciso, forse un po' volgare, ma il film in questione mi inviterebbe solo ad una lunga serie di epiteti, Nda).

Il Castellitto poi mi cade nella rappresentazione della scena madre di tutto il cinema italiano degli ultimi vent'anni: è vero che sta alla finestra, è vero che fuori piove, ma non ha nelle mani una bella tazza fumante di tè. No Castellitto, non hai studiato!

Giudizio: la domanda dell'estate, a registi ed attori italiani, è: "Ma Tarantino ha ragione quando dice che il cinema italiano attualmente fa pena?" E qualcuno/a pure lo difende (il nostro cinema). Sono convinto che, se Tarantino avesse visto 'sto film, il suo giudizio sarebbe stato ben più feroce. Sceneggiatura che più scontata non si può, personaggi tutti moderatamente stronzi ed antipatici, comunque nessuno interessante, regia senza alcuna inventiva e con uso della metafora degno di un ripetente della terza elementare, attori pronti al più per una soap opera. Per finire: la Weltanschauung è data da una canzone di Vasco Rossi!!! Ulteriori commenti: il film fa schifo.

Post-fazione: perché parlare di questa pena? La settimana scorsa, la settimana della morte di Bergman ed Antonioni, Canale 5 ha benpensato di mandare in prima serata questo obbrobrio. Troppo sperare che per una volta nella vita Mediaset, invece di pensare alla pecunia, omaggi la cultura e l'arte (è bene precisare che, per quanto il film io l'abbia trovato pessimo, ha avuto un certo successo, sia di critica che di pubblico). Ciò detto, siccome sono talmente cretino che do sempre ancora una chance al cinema italiano, l'ho registrato e guardato. Mal me ne incolse. Perché questi tre o quattro borghesucci romani, invece di lavarsi i panni sporchi in casa, fanno libri e film? Le loro menate sono da mediocri. Con quale presunzione possono pensare di tirarvi fuori qualcosa di men che mediocre? Castellitto poi è patetico: sta con una donna (Margaret Mazzantini, autrice del romanzo da cui è stato tratto il film) che ha una tale opinione dei maschi, anche del suo (falsi, menefreghisti, incapaci di amare, e di scopare), che invece di mandarla a quel paese, ci fa un film. Fantastico. Hanno entrambi una visione del mondo talmente gretta, questo è forse l'aggettivo che più si attaglia, che posso dar loro un consiglio solo: suicidatevi. Ma soprattutto non fate più libri e film.

Sono mezzi d'espressione che meritano più rispetto.

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