"Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l’unica causa di tutti i nostri mali." [Sofocle]
Solitamente, il bello di un racconto è essere ignari del finale, per restare in tensione, nell'attesa di vedere come la storia si risolverà. Ecco. Dag och Natt di Simon Staho rivela nei primissimi secondi come andrà a finire: il protagonista si ucciderà alla fine del film, ci dice una voce fuori campo. Il resto del film è una scoperta del perchè egli voglia togliersi la vita.
Per la maggior parte delle persone martedì 9 settembre 2003 era un giorno come gli altri. Tuttavia per una persona questo giorno era speciale, proprio in questo giorno il quarantenne Thomas Ekman, un rispettato architetto e uomo di famiglia si sparerà un colpo in testa alle 8 e 03 usando una pistola Walther GSP comprata per tale scopo.
A Staho non serve molto per raccontare l'ultimo giorno di Thomas, un architetto rispettabile ma divorziato: due inquadrature, due macchine da presa sul cruscotto della sua automobile. Nient'altro. Tutto il resto è solo dialogo e recitazione. Thomas e il figlio. Thomas e il suo amico, che ha una storia con la sua, ormai, ex moglie. Thomas e la sua nuova fidanzata. E così via. L'idea di un film composto di sue sole inquadrature e dialoghi, quasi senza alcun tipo di azione, potrebbe spaventare uno spettatore "causal" (passatemi il termine, non inteso in senso spregiativo). Ma la verità è che i dialoghi sono scritti egregiamente, sono veri, riescono a farci sentire completamente immersi nel mondo del nostro protagonista. Le parole che lui pronuncia spaventano perchè rivelano la sua vera personalità e, almeno in parte, la nostra. Tutti noi siamo un po' Thomas: tutti nascondiamo i nostri lati più oscuri dietro una facciata di persone per bene e amorevoli.
L'atmosfera che si respira è quella dei film di Lars Von Trier, soprattutto di quelli appartenenti alla "trilogia della depressione" (Antichrist, Melancholia, Nymphomaniac). E forse non è un caso che sia stato prodotto anche dalla Zentropa, la casa di produzione del genio malato sopra citato. E, in effetti, molti sono i punti in comune tra il protagonista di Dag och Natt e le protagoniste dei tre film di Von Trier, al di là dell'evidentissimo problema di depressione. Tutti e quattro i personaggi, per iniziare, sono descritti, dai rispettivi autori, come delle persone quasi totalmente oscure, con pochi lati positivi: si pensi a come Joe, il personaggio di Charlotte Gainsbourg in Nymphomaniac, si autodefinisce, all'inizio del film.
E' colpa mia: sono un pessimo essere umano.
E anche Thomas, seppur non con queste stesse parole, si descrive come un personaggio estremamente negativo. Sia Von Trier che Staho trattano in modo quasi disumano i loro personaggi, rendendo le loro vite sempre più misere, ad ogni secondo che passa.
La negatività è il padrone assoluto di Dag och Natt: la sua durata di circa un'ora e mezza è una lenta discesa nella tragedia dell'esistenza umana, un ritratto degli aspetti più oscuri dell'essere umano. Come diceva Sofocle nella citazione inserita nell'incipit di questa recensione, il dolore più intenso e profondo che si possa provare è quello di riconoscere la nostra natura come causa della miseria in cui viviamo: questo è proprio ciò che ha spinto Thomas a prendere la decisione di suicidarsi.
Non c'è tensione, in questo film. Il ritmo è molto lento e dettato solo dai personaggi che salgono e scendono dall'automobile. Questi 90 minuti sono granitici, massicci e colpiscono duro. Durissimo. E fanno male.
Carico i commenti... con calma