Sono stato a lungo indeciso sull'includere o meno questa recensione nella serie "Alla scoperta del Death Metal dimenticato"; la decisione finale, come potrete intuire, è stata di includerla nonostante l'anno di uscita di questo lavoro sia il limite superiore che ho posto nel mio "piano dell'opera". Ecco quindi il dodicesimo episodio.

I Sinister: ah, i Sinister! I Sinister sono secondo me il corrispondente europeo dei Monstrosity; al di là degli "annales" della storia del Death Metal non ne parla nessuno, nonostante siano stati di fondamentale importanza per il genere. Come dei Monstrosity si è iniziato a sentire parlare nel momento in cui Gorge Fisher li ha mollati per i Cannibal Corpse, così il nome Sinister si è iniziato a sentire solo dopo questo "Hate", cioè all'inizio della loro rovina.

Provenienti dall'Olanda, si può affermare che siano stati autentici pionieri del Death europeo (da non confondere con il Death Melodico dell'area Scandinava) negli anni che vanno dal 1990 al 1995; vi starete chiedendo dunque perché ho deciso di recensire l'album per così dire "d'addio" dei Sinister invece che riportare alla luce qualche lavoro del passato come il bel "Cross The Styx" o "Diabolical Summoning" o qualche altro Ep della loro vastissima produzione degli esordi. La risposta è semplice, perché questo è il più particolare, è il disco che più rappresenta l'animo dei Sinister nonché una delle vette massime del Death Europeo (altro che "Left Hand Path").

Direi che già ci sarebbe molto da dire sull'anno di pubblicazione di "Hate", il 1995; un anno veramente smorto per il Death Metal, un anno che segnava la fine della prima grande ondata (dal 1988 al 1994) e l'inizio della seconda, quella che avrebbe portato alla ribalta il Brutal Death. In un anno come il 1995, c'era chi faceva Death ed era in un momento di transizione, in bilico tra il vecchio e il nuovo (Morbid Angel "Domination", Deicide "Once Upon The Cross", Carcass "Swansong", Death "Symbolic" Incantation "The Forsaken Mourning Of Angelic Requiem" tanto per citarne alcuni), e chi invece tentava di aprire nuove strade (Cryptopsy "Blasphemy Made Flesh", Suffocation "Pierced From Within", Deeds Of Flesh "Trading Pieces" Skinless "Swollen Heaps"): i Sinister si possono collocare tra i primi, tra gli indecisi, quelli che avrebbero fatto un album di prova dopo il quale avrebbero necessariamente preso una decisione. E così fu, una decisione nefasta, ahimè, che li allontanò per sempre dal sound di questo discone che mi accingo a recensire.

Ci tengo a farvi notare che mentre oggi l'Olanda e il Belgio sono paesi attivissimi in ambito Death Metal (Aborted, Leng T'Che, Disavowed, Pyaemia, Prostitute Disfigurement, e molti altri che al momento mi sfuggono), all'epoca erano un vero mortorio; in Scandinavia praticamente qualsiasi Garage Band (Black, Death o Melodeath che fosse) poteva avere un contratto, mentre nella zona dei nostri era veramente dura emergere e se oggi le cose sono diverse lo si deve proprio ai Gorefest e a questa grande band che per una manciata di anni ha fatto conoscere ai Death Metaller la zona dei Paesi Bassi.

Tecnicamente parlando i Sinister non sono mai stati dei campionissimi anche se hanno sempre offerto al proprio pubblico delle prestazioni buone.

Il chitarrista, ben lontano da poter esser definito un "Guitar Hero", di certo non fa brutta figura e pur non ricorrendo alle soluzioni più difficili riesce a tirare fuori dei riff decisamente "piacevoli" che non han niente da invidiare a quelli di altre Death Metal Band. Potenti, a volte oscuri, sempre originali; queste le caratteristiche delle partiture per la sei corde di "Hate".
Migliore la prestazione del bassista che, causa l'assenza di un'altra chitarra, si dà da fare per non farne sentire la mancanza; udibile lungo tutta la durata del disco, si mette in luce con gli stacchetti che spesso si sentono in un disco Death. La batteria è forse lo strumento che più mi ha lasciato deluso di questo cd; per quanto lo strumentista si dimostri discreto, la completa mancanza di trovate personali ne fanno un Drummer parecchio seduto e incapace di donare guizzi alle canzoni. Insomma, se le cose dovessero dipendere da lui, "Hate" sarebbe un disco piatto e noioso: i soliti Blast Beat, i soliti ritmi in quattro quarti o al massimo terzinati, le solite rullate, controtempi quasi del tutto banditi.

Bravo invece il cantante; un bel Growl profondo ma potente come il vero autentico Death Metal richiede.

Ci tengo a citare la presenza di arrangiamenti (non mi risulta che avessero un tastierista) talvolta assolutamente azzeccati, a volte un po' tirati per le lunghe, che donano molta (e ripeto molta) personalità all'intero lavoro. Ed è forse questo il tratto distintivo di "Hate", la grande personalità; potrete cercare in lungo e in largo ma non troverete un disco che sappia essere tanto attaccato alle tradizioni del genere e nel contempo tanto epico, evocativo e a tratti autenticamente oscuro. A questo concorre anche una produzione che privilegia i toni medi e da una buona dose di eco tanto agli strumenti quanto alla voce (ma mai senza far diventare l'Lp una buffonata).

"Awaiting The Absu", oltre ad essere secondo me la medaglia d'oro dei Sinister, è forse la canzone che si presta di più a testimoniare quanto ho appena detto: cupa, ma anche maestosa e non per questo fiacca. Lo spazio destinato alla melodia è poco, ma anche senza ricorrervi i Sinister sanno creare un atmosfera, un mood particolarmente carico di "odio" che non può essere confuso con quello (spesso inesistente) di tantissimi altri lavori del medesimo filone.

Ecco perché ho scelto di recensire "Hate": perché al di là della tecnica solo discreta, al di là delle canzoni messe su in maniera abbastanza tradizionale (strofa, pre-chorus, chorus etc), è forse uno degli ultimi vagiti del Death Metal propriamente detto: il Death morirà nel giro di un paio di anni e rinascerà dalle sue ceneri con il nome di Brutal Death anche se non si avrà più il Metallum Mortis cupo, esoterico e orecchiabile dell'inizio. Questo album è una delle pietre tombali del Death Metal; ascoltate canzoni come "Embodiment Of Chaos" o "To Mega Therion" e sentirete le ultime parole del genere estremo che ha fatto la storia dei primi anni novanta. Un disco che, al di là del suo valore effettivo, ha molto da dire sotto il profilo storico musicale; come dissi per i Disincarnate, da sentire almeno una volta nella vita.

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