Mi dànno buca per una colletta, ma a quel punto devo comunque prendere. Prendo tutto io e vaffanculo. Ho tre giorni prima dell'aereo e la mia notoria cinofilia aeroportuale mi impedisce di correre rischi. «Vabbuo' tanto stai via dieci giorni, metti in un barattolo per quando torni e easy».

Easy.


Ho paura di volare, da sempre, molta. Ansia per ogni vibrazione seppur minima, apprensione per ogni minimo rumore. Studio con attenzione paranoica i movimenti del personale di volo per eventualmente scorgervi segnali di catastrofi imminenti. Sudo incollato al sedile con una predisposizione all'inesorabile che è ancor peggio della rassegnazione.
Ora sono una persona felice, ma nella fase in cui non lo ero per niente, il dottore mi disse di stare attento perché certe cose slantizzano.

Memore della sua suggestione, in tre giorni mi sono mangiato tutto e soprattutto le briciole.


Ellissi nel racconto perché ellissi nella vita.


Ho fatto risalire la situazione croccante della sera prima col bonduelle da gran finale di riserva. Infine, il pomeriggio di Pasqua, sono salito sull'aereo con lo sguardo rosso come la punta del pisello rosso del Diavolo alla quarta sega dopo lo sgancio della MOAB sull'Afghanistan.

Ero di ottimo umore addirittura in aeroporto, tipo il personaggio mezzo comico di Top Gun. Una cosa mai vista prima, ché di solito se uno mi fa scusa o ciao e da lì a mezz'ora devo volare, capace che rispondo a schiaffi e bestemmie gravi. Ma ero di ottimo umore e ho pure fatto un occhiolino alla hostess perché sì.
Odio i bambini e sull'aereo anche peggio, ché stiamo per morire tutti e loro lì beati a non accorgersi di niente, o a frignare per cose a caso tipo i baffi di quel signore.
Eppure ho fatto «ciao belloccio» a un pargolo che mi fissava e lui mi ha sorriso, e anche sua mamma, bellina.


Mi sentivo invincibile, indistruttibile e immortale per due motivi: a qualche sedile di distanza da me, c'era Tullio De Piscopo; ho fatto tutto il viaggio ad ascoltare Dopesmoker.
Nel senso che Dopesmoker ha coperto perfettamente la durata del volo, da appena dopo le istruzioni per morire composti, fino all'atterraggio. Cielo sereno, zero nuvoloso.

Di Dopesmoker vi hanno già detto tutto e ve l'hanno detto meglio, ma forse questa cosa no: abbinatelo a cuffie abbastanza isolanti e volateci da Bologna ad Alghero.

A parte che quando Al Cisneros attacca il suo mantra rantolato drop out of life with bong in hand tu sei già sopra i monti liguri e giuro, se non ti dà l'idea precisa di come sia sentirsi onnipotenti, forse allora non hai neanche un briciolo d'amor proprio, ragazz mi'.
La cosa che mi fa dire proprio Dopesmoker e non un'altra cosa lunga, rumorosa ed estenuante, non gli Swans e neanche boh i Melvins, è che su Dopesmoker tutto precipita continuamente. Senti quella massa di suono che ha mille cadute e poi si tiene. E ogni volta che sembra stia per cadere del tutto, torna su con una spinta nuova e la costanza di sempre.
Lì ti inculi carrello, turbolenza, flap, perdita di potenza del motore, esplosioni, hostess bellina, Tullio De Piscopo a pochi metri, profumi di pregio da 5 euro al litro.


Se in aereo suonassero Dopesmoker a volumoni, nessuno avrebbe più paura di volare e neppure degli sbiri a quattro zampe.
Un aereo tutto verde che vola sulla Corsica, che è enorme e ha le cime bianche con i paesini che sono sputazzi irraggiungibili dal mondo esterno, in quella roccaforte di mare. Con asperità insormontabili per le implicazioni della vita umana.

Sembra stupido da dire, infatti lo è, ma volandoci sopra con gli Sleep io ho capito il deserto.


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