Rock in Roma, dopo il disastro dello scorso anno coi Metallica, dove mancavano solo i picciotti che ti chiedevano il pizzo, stavolta salva la faccia: hanno aperto un parcheggio in più, il pubblico è abbastanza ben gestito, ci sono addirittura dei tornelli all'entrata dove fare il badge col biglietto, tipo metropolitana. In più si cambiano i soldi in gettoni, così da evitare code spiacevoli ai vari stand. Quest'ultimi non sono più in mezzo alla gente, bensì distribuiti ai lati dell'arena. Arena estremamente piccola (siamo poche migliaia di persone), estremamente recintata, il palco come al solito posizionato vicino all'entrata (ma perchè?) e poi c'è lui: Il Golden Pit. La più grande bestialità degli ultimi anni. La morte del romanticismo. Ma questa è un'altra storia.

Pronti via! Comincia...a piovere. Sì, a dirotto. E ad allietare questa prima oretta bagnata di concerto ci pensano i Temperance, ed è subito 1°maggio. Sì, 1°maggio...perchè la power metal band nostrana, chiamata allo scadere per sostituire i King 810, è il classico gruppo che potrebbe aprire il concertone di Piazza San Giovanni. Melodicissimi, ruffiani, inutili quanto inopportuni (che cazzo ci fanno questi prima degli At the Gates?), però umili e divertenti. Mettono di buon umore diciamo. Se la cantante pel di carota non si mettesse a fare headbanging e la seconda chitarra non sparasse qualche growl furioso di tanto in tanto, si sarebbero potuti scambiare tranquillamente per gli Aqua. Il pubblico sembra apprezzare. I ritornelloni sono perfetti per scaldare un pò i kids. Davanti a me ci sono due ragazzine che si tengono per mano e si danno i bacetti. Che carine.

La pioggia diminuisce visibilmente e i Nightwish de noantri lasciano spazio ai vessilli degli At The Gates, band che sembra sconosciuta ai più, ma sono il motivo per cui mi trovo lì, che vitaccia. Una mezz'oretta buona e salgono sul palco i killer di Goteborg. I suoni non sono eccezionali ma la band è in gran spolvero. Tompa, il frontman, è carismatico e potente, il suo screaming abrasivo (intatto dal 95') un marchio di fabbrica. Un pezzo dall'ultimo album e poi cominciano a snocciolare i classici dall'indimenticabile "Slaughter of the soul" , capolavoro del genere. La gente non li conosce, ma si diverte. Io sono eccitato come una ragazzina. "Cold" è una mazzata, "Suicide Nation" uno sparo alla nuca... "Blinded by fear" è la degna conclusione spaccaossa di un set da brividi. Ora finalmente posso andare in bagno.


Il pubblico sanguina il rosso del logo degli Slipknot, non c'è che dire, ci sono addirittura i cosplayer, ma l'atmosfera è molto rilassata: chi si fuma una sigaretta, chi va a prendere una birra, ci sono anche madre e padri di famiglia con zaini, borsette, controborsette che chiacchierano tranquillamente dietro di me, che fa molto concerto della festa del quartiere. Zero calca e volti sorridenti. Dopo quasi 40 minuti però qualcuno comincia a stufarsi e a chiamare a gran voce i suoi beniamini. Loro non se lo fanno certo ripetere due volte, ed ecco che un'imponente scenografia con una capoccia gigante a metà fra quella di un diavolo e di una capra accompagna l'ingresso dei 6 pazzi di Des Moines. In aria ci sono più I phone e tablet che molecole di ossigeno.

Cambiano le maschere, ma Corey ha ancora la voce dei bei tempi che furono, Mick macina riff come un carrarmato, il dj fa il cazzone e i percussionisti, piantati su delle fichissime piattaforme mobili che si alzano e si abbassano, sono ancora la linea comica del gruppo. Certo Paul Grey e Joy Jordison non ci sono più ( e sfortunatamente il primo non avremo mai più la possibilità di rivederlo) ma i rimpiazzi non sono da meno. I suoni poi stavolta sono perfetti. Un pezzo dall'ultimo album (che non ho sentito) e poi parte l'inconfondibile conto alla rovescia di Heretic Anthem. E viene giù tutto. La scaletta è abbastanza eterogenea, ricca di classici, da a Spit it Out (dove non è mancato il divertentissimo giochino del sedersi per terra e saltare in aria allo "Jumpdafuckup" di Taylor) a Before I forget, passando per Duality e Vermillion, che non ho mai apprezzato troppo, ma vabbè. Corey è un animale da palco, e questo lo sapevamo...in più è molto gentile con il pubblico ( i fucking love you all, you are amazing ecc.. ec..) e parla un ottimo italiano. Il vocabolo nostrano che apprezza di più sembrerebbe essere "Porco D**". Una tripletta di una bellezza sconcertante (Sic - People = Shit - Surfacing) conclude un concerto monumentale, come la scenografia che viene poi lentamente smontata pezzo pezzo dai tecnici. Si torna a casa contenti e soddisfatti. Era la prima volta che gli Slipknot varcavano le soglie della città eterna. Corey ha promesso che ci torneranno. E io sarò lì ad aspettarli.

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