L'Edipo Re, rappresentato per la prima volta introno al 425 a.C. , è uno dei prodotti più alti di quella complessa e stratificata istituzione sociale che è il teatro tragico antico. Dal VI secolo a.C. fino all'età Ellenistica questo tipo di performance ha rappresentato in sostanza lo specchio fisico di tutte le pulsioni e le tensioni che animavano dall'interno la polis ateniese, ovvero la culla della civiltà Occidentale ma anche Medio-orientale. Il dramma tragico rappresenta a tutti gli effetti un crogiolo di sentimenti umani, e fra i tre grandi tragici Sofocle è quello che forse ha rappresentato meglio la finitudine, la pochezza e la fallacità della forza umana di fronte alla potenza del divino e più in generale del destino. L'Edipo Re veniva già considerato nell'antichità l'epitome della tragedia, esemplare nella sua costruzione stilistica, infallibile nel suo poderoso climax di annientamento del protagonista, caratterizzato dal rovesciamento della sorte e dal riconoscimento che per Aristotele sono due tra ingredienti che garantiscono la perfezione.
La tragedia narra la sorte di Edipo, figlio di Polibio e principe di Corinto, al quale l'oracolo di Delfi ha predetto un terribile fato, ovvero uccidere il padre e sposare la madre. Credendo di beffare il suo destino, fugge da Corinto e da coloro che crede siano i suoi genitori, che, come si scoprirà, in realtà lo hanno trovato nei campi e allevato come figlio loro. Durante questa fuga incontra il suo vero padre, Laio, re di Tebe, e lo uccide dopo un alterco; il fato poi lo porta proprio a Tebe, dove la sua intelligenza e abilità logica gli consentono di battere la Sfinge, mostro assassino che assediava la città, della quale viene proclamato re. La regina Giocata, vedova e inconsapevole, non esita ad accogliere il vincitore sulla Sfinge, suo figlio, e ne fa il suo sposo. Dalla loro turpe unione nasceranno quattro sfortunatissimi figli, ovvero Eteocle, Polinice, Ismene e Antigone, protagonista di un altro magistrale dramma sofocleo.
La vicenda dell'Edipo Re si concentra sul momento in cui la verità genealogica e la colpa del protagonista vengono messe in luce. La peste infesta Tebe, e l'oracolo ha predetto che solo punendo l'assassino del vecchio re Laio questa piaga verrà scacciata dalla città: da questo assunto prende il via il complesso meccanismo che porterà alla conflagrazione finale. La complicata trama si snoda tra responsi oracolari, maledizioni, riconoscimenti, accusa, dubbi fugati e sospetti striscianti, creando un escalation magistrale, un'atmosfera d'angoscia sempre crescente fino all'annientamento finale del protagonista; scoperta la realtà dei fatti, Edipo sceglie di accecarsi, mentre la madre-moglie si impicca in preda all'orrore.
La menomazione fisica dello sfortunato eroe è peraltro la chiave che ci permette di capire qual è la sua vera colpa, il suo, per dirla con Aristotele, errore tragico. Non sono infatti l'assassinio e l'incesto che gli hanno attirato la rovina, ma il fatto che egli, confidando nella potenza dell'uomo e della sua logica, abbia cercato di mettere nel sacco l'oracolo, quindi gli dei e quindi il destino che governa ogni agire dell'uomo. Destinato alla rovina, Edipo ha cercato in tutti i modi di sottrarsene; l'ironia sta che con tutti i suoi sforzi per evitare di compiere i misfatti che per lui sono stati vaticinati, ha creato con le sue stesse mani la sua rovina, fuggendo da Corinto, che credeva la sua patria, e dai suoi genitori, in realtà adottivi. E' questa la vera cecità di Edipo: trionfatore sui divini enigmi della Sfinge, inorgoglito dalla sua certezza di aver evitato un mostruoso destino, non vede la realtà, il misfatto da lui già compiuto, e nella tragedia emerge vivo il senso di sgomento che nasce da tutto coloro che gli sono vicini e che lentamente capiscono la verità, mentre lui, fino all'ultimo, si rifiuta di credere. Dunque accecandosi l'eroe non fa altro che dare fisicità alla sua condizione umana di "non vedente".
In questo senso l'Edipo Re è il dramma dell'uomo, la cui arroganza gli fa credere di poter tenere in scacco l'imperscrutabile potere divino, e che soprattutto è convinto, nella sua fallacità, di poter governare un destino di libertà che in realtà non gli appartiene. Inoltre, la pretesa umana di decifrare compiutamente il divino linguaggio degli oracoli viene qui smentita totalmente, e, sembra dirci Sofocle, in realtà la vita si regge sul più grande degli enigmi, al quale la religione può dare solo risposte ambigue che possono anche ingannarci disastrosamente.
In questa tragedia Sofocle sviluppa un equilibrio difficilmente eguagliabile di sospetto, dubbio, esultanza, rassegnazione, sollievo e annientamento, riuscendo a creare uno sconvolgente capolavoro culturale. L'Edipo Re rimane un attestato imprescindibile della sensibilità non solo greca, ma dell'uomo occidentale tutto, e uno dei più grandi testamenti della cultura mondiale. La nostra storia intellettuale inizia anche da qui.
Per chi non si è mai accostato alla tragedia antica o al teatro in generale, questo può essere un buon inizio, tenendo conto che ci troviamo di fronte a uno dei messimi capolavori della letteratura di tutti i tempi.
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