Cavolo, come non ho fatto a non recensire almeno un disco di uno dei miei idoli? Il grande, buffo, ironico Stan Ridgway, ex leader degli altrettanto grandi Wall of Voodoo? Provvedo subito. Mi piacciono gli artisti come lui, sottovalutatissimi, non molto presenti nelle radio o nelle chiacchere sui gusti musicali... e invece costui ha scritto delle bellissime pagine musicali, purtroppo alternandole a dei momenti di stanca (almeno secondo me, anche se tali momenti corrispondono più che altro ad episodi di crooning-folk tipicamente americani, per la verità anche molto apprezzati negli States...).
Reduce dai fasti voodiani (l'ultimo epitaffio con loro, il leggendario Call of the West), il nostro comincerà una carriera solista, dove alternerà ottime prove a momenti di ritiro strategico. Una buona occasione per conoscerlo è l'ormai introvabile raccolta "Songs That Made This Country Great". Vi sono raccolti i titoli più celebri dei primi due dischi da solista (i migliori, Big Heat e Mosquitos), oltre al recupero di brani con i Voodoo e partecipazioni varie (sempre bello trovare un best of che sia completo ed esaudiente così...). Il nostro eroe è abbastanza famoso per la caratteristica voce, nasalissima e profonda allo stesso tempo, con la quale caratterizzò non poco le ballate western-wave della sua band. Band, che va detto, coniugò mirabilmente elementi tra di loro diversissimi: acide chitarre in pieno mood Morricone, tastiere che più che altro richiamavano atmosfere surf (organi Farfisa e Vox), spruzzi di new wave accompagnati da un lavoro eccellente sulle percussioni che seguivano il filo conduttore di una ritmica quasi sempre basata sulla strana (e felice) scelta di una batteria elettronica pre-programmata (la mitica RhythmAce...).
Con i lavori solisti Stan si discosta leggermente, ma non troppo, da questi temi, introducendo però atmosfere pop-dark molto notturne, ideale colonna sonora di quelle ambientazioni dell'America minore, che il nostro ha sempre privilegiato nei propri testi. "Salesman", brano dalla ritmica incalzante, che addirittura mi ritrovai a ballare in una discoteca di Ibiza nell'86, senza che la canzone sia cmq assimilabile ad alcunchè di danzereccio. "Lonely Town", ballata stratosferica, notturna, cantata da vero crooner, nella quale compare la celebre armonica di Stan. "Drive, She Said", tratta dal primo disco, nervosissimo rock con un tagliente riff di chitarra. "Don't Box Me In", felicissima collaborazione con un altro pazzoide della musica (Stewart Copeland, mitico) in occasione del film "Rumblefish", "Goin' Southbound", gioiello speed-pop tratto da Mosquitos, epico, con tastiere fantastiche, "Ring Of Fire", cover già a suo tempo resa celebre con i Wall of Voodoo, "Lost Weekend", altra stranita ballata tratta da "Call of the West", "The Big Heat", insomma...
Tanti gioielli che si susseguono uno dopo l'altro. Brani con atmosfere notturne, ideali per accompagnare un giro solitario in macchina, soli, o per fumarsi in tranquillità una sigaretta... musica mai becera. Conclude "Walkin' Home Alone", altra perla con accenni quasi jazzati. Un artista sicuramente da valutare, salvo quando si prende eccessive pause e veleggia verso atmosfere eccessivamente country, ma che quando decide di creare musica, lo fa con un intelligenza e un garbo senza dubbio altissimi...
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