“Gatti e cani” è un disco di AOR svedese del 2003, registrato ad Acqui Terme perché c’è di mezzo la Frontiers di Napoli a sostenerli.

Mi sono sempre piaciuti i Talisman, a partire dalle loro copertine zoofile, con bellissima grafica. Fanno quella musica melodica ma con le palle che negli anni ’80 vendeva anche troppo e che invece da molti anni a questa parte è ridotta a completo underground, se si escludono i "Darkness" che per ignote ragioni cavalcano felicemente ed impunemente l’onda (per ora). E per una volta, l'esuberante coppia che dirige le operazioni in seno al gruppo non è formata dai soliti cantante/chitarrista bensì da cantante e bassista.

Jeff Scott Soto quand'era giovane è stato il primo, e migliore, singer di Malmsteen. Ora non è più un ragazzo ma è in forma, il tempo lo ha solo migliorato, anche fisicamente a vedere dalle foto inserite nel libretto. Non dimostra minimamente gli "anta" e per ribadire subito questo concetto, attacca “Skin On Skin” il primo pezzo dell’album cacciando tre urlacci da far impallidire James Brown! Tiene una voce strepitosa, e lo sa.

L’altro tanghero che gli fa da socio, Marcel Jacob, è poi quello che personalizza e distingue questo gruppo da tutti gli altri dello stesso genere. Tiene un suono ed uno stile "nodosi" e ipermelodici, mai un pedale sulla tonica, sempre a lavorare in primo piano, un Billy Sheehan ancora più istancabile e creativo.

Gli altri due musicisti nel gruppo non è che stiano a guardare, Fredrik Akesson è un preparatissimo discepolo del chitarrismo anni '80, suona con gusto e spettacolarità ma purtroppo è indistinguibile da tanti altri bei "manici" (tipo Reb Beach, o il suo conterraneo John Norum). Fortissimo comunque il duello che ingaggia con Jacob, in tempo veloce e swingato "a la Speed King" in mezzo a "Outta My Way", traccia numero cinque.

Il ritornello più bello sta invece nel settimo brano, intitolato "Sorry", ma ce ne sono a profusione, Soto armonizza più e più volte la sua potente e calda voce in aperture melodiche irresistibili, "caricate" spesso e volentieri da strofe funkeggianti (beninteso hard-funkeggianti, chè il batterista Jamie Borger “picchia” sempre e comunque).

Al penultimo pezzo (numero 11) arriva anche la situazione alla Metallica (quasi), di suono e di titolo: “Lost In The Wasteland”. I testi? Lasciamo perdere, è tutto un "ho sconfitto i miei demoni, ora sono pronto per la rinascita" insomma le solite cose su quanto è difficile essere amati e quante ardue prove riserva la vita.

Niente ballate, il disco sprizza piacevolmente energia e vitalità dall’inizio alla fine.

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