Per arrivare qui, Tolkachev ha impiegato dieci anni di apprendistato virtuoso, fitto di 12". In peregrinaggio standard di etichetta in etichetta, dall'Ucraina ha toccato la Milano della M_Rec, per risalire verso occidente e approdare alla Mord, come una Mordor sulle rive della Nuova Mosa. E come un Gagarin approssimativo, constatare che Non c'è quasi nessun dio.

È un titolo che rende bene l'idea, se si considera la techno da club, pur nelle sue infinite sfacettature, come devozione cieca al dio kick in ottemperanza a una rigida formalità, dalle modalità produttive (l'extended play in vinile come supporto privilegiato: lato A, lato B, 2/4 tracce) ai dati strutturali. Il clubber contemporaneo anche abbastanza sgamato, per non chiamare in causa il segugio da MD, non ascolta gli Autechre.
[Esperimento di M. Nigagi a casa mia: clubberz abbastanza sgamati che mi parlano della techno «fatta bene: senti che è fatto bene ché cambia ogni dieci». Contano le battute. Ascoltano molto i Boston 168 in quel periodo. «Oh ma conoscete gli Autechre invece? Sono famosi per la storia dei rave e cose. No ok.» Metto Flutter, e non dalle casse del pc. Ascoltiamo Flutter: sorrisi sotto i septa e no a tempo. Finisce Flutter: «bell'intro». Flutter. Bell'intro. Ma-andate-a-cagare.]

Dall'esordio in digitale, fin troppo modestamente intitolato Rudiment, in progressiva liberazione dai vincoli di genere fino a quasi nessun dio: sottolineo perché Tolkachev, con il suo ultimo 12", non si è reinventato in chiave free-form, non si è dato all'ambient. Ma quasi.
Il percorso è come descritto dalla disposizione dei brani: l'ambient purissimo in strati di synth di Eternal Dawn introduce Landowner e Perforated Spoon, per dieci minuti smaccatamente percussivi di pedale basso in pesante distorsione da clip, e giochi di saliscendi di saturazione, oscillazioni di bilanciamento, mentre la tonalità è retta da lampi sintetici in chiusura di battuta, su Landowner, in apertura su Perforated Spoon (ne deriva la sensazione di ritmo in regressione e in progressione). Dieci minuti che non avrebbero sfigurato in coda a un Exai, ché di simile materia sonora oscura sembra aver deciso di disporre Tolkachev, e con assoluta padronanza del linguaggio, un'espressività ben codificata e di chiari segni. Basti ascoltare l'estenuante - in senso buono - triplo 12" dell'anno scorso, When You Are Not At Home, che Mord per 29 $ ti vende in pacchetto con questo. Ma su quel disco, forse per l'uso dell'arpeggiatore, ancora un dio si avverte.
Pocket For A Leaky Coin è la svolta, la chiave di volta e la chiave di lettura. Ci accorgiamo che i bpm restano giusti, uguali, fermi lì: ma è solo quel rullante che suona pieno e vuoto e a volte scompare sommerso da synth distorti mangiatutto, lenti (e a volte diventa un glitch o un kick da metal dell'elettronica), a ricordarci che stiamo pur sempre ascoltando un disco techno.

Tolkachev tende a nascondere quel che nella techno di genere è esibito. Lavora con maestria all'illusione, alla decostruzione di un ritmo costante che così, sottotraccia, dà una sensazione di compattezza. Mentre si sprofonda nell'incubo noise, dark ambient di No One Waves Goodbye, l'eponima aggiunge rumore bianco - potrebbe essere un aspirapolvere, davvero - e allontanta pedali e ritmiche in un riverbero sommesso da esterno dell'edifico, mentre si lascia guidare da un synth da sirene e raggi laser che pare di vedere la danza frenetica delle luci; e Bleed On Me looppa il discorso all'estremo, riportando tutto in primo piano fino al deritmato, rovesciato (come quelli che parlano nella Loggia) congedo.

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