Oggi, a Milano, piove. Giornata uggiosa, direbbe Battisti. Eppure sono allegro, va a sapere il perchè, in fondo è un banale giovedì di fine settembre. Sarà che ho appena iniziato una nuova avventura lavorativa, e mi pare stia andando bene, o forse sono io che sono allegro, stop, non c'è niente da capire, e questo lo direbbe De Gregori.

"Cantando sotto la pioggia" è il film più ottimista che abbia mai visto. Non vuole veicolare alcun messaggio di chissà quale profondità, vuole semplicemente essere un film spensierato, allegro, divertente, in cui la felicità vince su tutto e in cui è bello, se si è innamorati, cantare anche sotto la pioggia, e chi se frega se torni a casa fradicio e inzuppato, l'importante è assaporare ogni centimetro, anzi ogni millimetro, della propria vita.

Per chi scrive uno dei 5 film più belli di tutti i tempi, forse anche fra i migliori 3, guarda un po'. La storia è di una semplicità assoluta: siamo a Hollywood, nel 1927, ed è appena uscito il primo film sonoro della storia del cinema, "Il cantante di jazz". Il pubblico impazzisce: nei film parlano e cantano! Una diva del muto con una voce da gallina strozzata ha qualche difficoltà col nuovo metodo di lavoro e viene doppiata da un'attrice dalla voce suadente. E, per giunta, più bella e spiritosa. Del resto non dico nulla, metti che qualcuno non l'abbia visto.

Ogni discorso del tipo "a me il musical non piace" (e invece a me piace, ho poca predilezione per l'horror, ad esempio) qui vale poco, perchè il film è talmente divertente e scorrevole, e le parti musicali talmente geniali, che chiunque al mondo potrebbe, o dovrebbe, lasciarsi trasportare dall'impeto ottimistico che traspare in ogni parola, ogni gesto, ogni frase di Gene Kelly, vero e proprio baluardo della voglia di vivere ad ogni costo. Senza dimenticare i comprimari, uno meglio dell'altro: Debbie Reynolds, Donald O' Connor, Cyd Charisse. O' Connor poi è un portento, il suo numero "Make 'em laugh", in cui si attacca letteralmente alle tende è uno spettacolo nello spettacolo. E quando i tre moschettieri (Kelly, O' Connor, Reynolds) intonano "Good morning" vorresti essere lì anche tu a divertirti con loro. Senza parlare della celeberrima canzone che diede il titolo al film in cui Gene Kelly estasiato balla, per l'appunto, sotto la pioggia che in realtà era latte misto ad acqua visto che la scena, che noi vediamo in esterni, venne tutta girata in interni.

C'è poi da dire della delicatezza e della leggerezza della regia. Ora, Gene Kelly diede alcune indicazioni tecniche sui numeri di ballo, ma il risultato è tutto a firma Stanley Donen, che è un regista dimenticatissimo, che ebbe gloria solo nel 1998 allorchè, a 74 anni, lo premiarono con l'Oscar alla carriera. Nella sua filmografia, udite udite, spiccano: "Un giorno a New York" (il primo musical della storia girato quasi completamente in esterni); "Sette spose per sette fratelli"; "Sciarada"; (nel cast Audrey Hepburn, Cary Grant, Walter Matthau); "Arabesque" (Gregory Peck, Sophia Loren). Il tocco di leggerezza che mise in "Cantando sotto la pioggia" avrebbe meritato chissà quanti Oscar, visto che i registi di oggi, seppur bravi, a volte tendono ad essere fin troppo pesanti nel loro modo di raccontare. Donen accarezza i suoi personaggi, filma solo l'essenziale e lascia che la musica, il divertimento, la voglia di vita facciano il resto. Ovviamente, "Cantando sotto la pioggia", nonostante due sacrosante candidature all'Oscar, non vinse nulla.

Ma guardatelo se vi capita, anzi riguardatelo. Andrebbe visto almeno una volta al mese. Per la tristezza, fa meglio di qualsiasi psicofarmaco o terapia dallo psicologo.

Eppure oggi piove. Ma sono felice.

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