Quando i Set Your Goals uscirono allo scoperto con “Mutiny!” l’amore del sottoscritto per quanto partorito da quel manipolo di giovani esagitati divenne ben presto smisurato. Un album vivace, molto americano nel suo essere perfettamente inquadrato e live quanto basta ad aumentare la curiosità attorno a loro.

Una introduzione doverosa per presentare “How Life Should Be”, debutto discografico dei pescaresi Starless e piacevole sorpresa almeno per il sottoscritto. Negli undici brani da loro partoriti a emergere è la freschezza della proposta, molto minimal per quel che concerne il songwriting (ritmiche quattro quarti e riff portante contraddistinguono il sound) e accattivante nelle parti vocali, decisamente d’impatto. Sostanzialmente potremmo quasi parlare di un live-album talmente gli Starless hanno puntato tutto sull’effetto entusiasmo generato da soluzioni catchy al punto giusto, con belle melodie e cori ad effetto a completare l’opera.

Porli a confronto con gente come Set Your Goals!, No Trigger e Crime In Stereo viene quasi naturale vista la qualità del prodotto, decisamente in target con ciò che il mercato americano ci propina in tema di pop-punk e hardcore melodico. Se musicalmente gli Starless hanno chiuso il compitino senza troppi problemi puntando alla sufficienza, la parte vocale alza l’asticella qualitativa in maniera sostanziale. La voce principale è melodica ed efficace in ogni brano del disco, sorretta da cori d’impatto semplicemente azzeccati. Ciò su cui gli Starless dovranno concentrarsi in futuro sono sicuramente i testi: vada per la spensieratezza ma un minimo di personalità in più sui temi trattati aiuterebbe non poco. La registrazione è all’altezza della situazione, abile se non altro a non rendere invadente un singolo elemento sonoro a discapito del resto e ben congeniata anche nei momenti più veloci dove solitamente i suoni impastati sono all’ordine del giorno. I brani più rappresentativi li troviamo nella parte iniziale del disco con due hit come “Respect Can’t Be Bought” e “Charlie Is Not A Dog” a fare la differenza, mentre nel finale il quartetto si lascia travolgere dalla voglia di melodia, evidenziata dall’acustica “Bring Yourself To Happiness”.

In conclusione gli Starless sono al momento uno dei pochi gruppi esordienti meritevoli di attenzione, speriamo solo che entusiasmo e voglia di mettersi in gioco non calino sulla distanza. Avanti così!

Carico i commenti... con calma