Ok, è l'EP in cui canta Henry Rollins quando non era ancora Henry Rollins e quando i Black Flag non erano ancora quei Black Flag - quelli dello specchio rotto, per capirci. E sì, è il secondo disco pubblicato dalla Dischord dopo "Minor Disturbance" (The Teen Idles) di paron Ian MacKaye, quando la sua etichetta sparava scaracchi da 9 minuti scarsi. E c'è anche Michael Hampton, un chitarrista che nel mare magnum di Washington saprà sguazzare bene, visto che si troverà a suonare nei fondamentali Embrace del capoccia (prima aveva conosciuto suo fratello Alec nei The Faith) e poi incontrerà Guy Picciotto e Brendan Canty (Rites of Spring e Fugazi) negli One Last Wish -sì, c'era un certo giro. E poi ci sono tante altre cose ancora. Ma "No Policy" è anzitutto, e forse soltanto, la sana voglia di incazzarsi. Di urlare. Di menare. È fottuto hardcore primigenio confinato in 500 densissimi secondi.

Henry Rollins, si diceva. Che qui si chiama ancora Henry Garfield, inizia a disfarsi le corde vocali (non quanto qui, ma è ben avviato) e in quello stesso 1981 porterà il suo culo in California per figurare in uno dei capolavori senza tempo del punk, cui era stato inizato dall'amico Ian.

Black Flag, si diceva. Beh, udìo, senza esagerare: qui le masturbazioni chitarristiche di Ginn non ci sono, e l'unico aspetto sperimentale del gruppo consisteva, durante i concerti, nel passare più tempo a cazzeggiare arringando la folla che a suonare. Però, però...a ben spulciare qualcosina del Black Flag in nuce c'è: il rapporto non idilliaco coi pigs, la ribellione, e quel senso che definirei di impotenza asintotica che frustra ogni velleità di mutamento concreto ("Every day seems the same, I might as well die...I can't get what I want, what's the fucking point?", da "Blackout") che, seppur in forme diverse, a parere di chi scrive si ritrova anche in gruppi che ormai l'hardcore l'hanno superato, come Rites of Spring e Hüsker Dü. Per non parlare dell'anarchismo- basti il titolo. Ma ci sono anche accenni straight edge e tanta, tanta furia che sa di sangue e strada.

E quindi 5. Perché c'è Henry, e Henry è figo. Perché c'è Henry, e Henry dà del pazzo al bassista. Perché Hampton è di un sozzume che delizia. Perché mi piace di più ad ogni nuovo ascolto. Perché all'inizio c'è il "onetwothreefour". Perché questi ragazzi, nell'arco di nove mesi, hanno realizzato a modo loro quello che in fondo è un piccolo compendio essenziale dell'hardcore classico. Chapeau.

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