Certe volte ti senti presuntuoso a dire di avere ascoltato un disco che conoscono in pochi e che ti sembra un capolavoro.
Ebbene, secondo me "Pensieri Verticali" è uno dei migliori album di cantautorato italiano (se la parola ancora può essere usata) degli ultimi anni. Alla faccia delle definizioni, indie piuttosto che alt-folk e cazzivari, questo è un disco di canzoni, bellissime canzoni arrangiate con maturità e suonate da un pool di ottimi musici (da Max De Bernardi a Paolo Bonfanti, da Jono Manson a Kreg Viesselman, solo per citarne alcuni). Non c'è molto da dire, se non ascoltare piccoli gioielli come "Povero l'amore" o "Rose d'ottobre" e "La ragazza". E chiedersi come mai Stefano Barotti non sia conosciuto e apprezzato in Italia come lo sono i Fossati, i De Gregori e i Capossela. La cosa bella è che pur sentendoci dentro un po' tutti i mostri sacri del tempo che fu, e anche un po' di Dalla e Battisti, viene fuori uno stile e una bellezza che appartiene solo a lui, al pensatore verticale che sa parlare d'amore in questi tempi sterili e sa fare musica delicata ed elegante fuori dai tempi rozzi dell'elettronica e della confusione.
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