In Spagna negli ultimi anni sono stati prodotti buoni film dell' orrore: "Darkness"e "Rec" di Balaguerò, "La spina del diavolo" e "Il labirinto del fauno" di Guillermo del Toro. Il nostro Stefano Bessoni, al suo primo lungometraggio, circondato da produttori spagnoli si cimenta anche lui con l'horror nel tentativo di risollevare le sorti di un genere che in Italia è morto con i vecchi capolavori di Dario Argento. Ed è proprio il buon vecchio Dario che ispira il regista: rifacendosi a "Quattro mosche di velluto grigio", la storia riprende il tema secondo cui prima di morire la nostra retina riesce a fissare l' ultima immagine. Il tema che ci viene narrato si basa sulle ricerche realizzate da un certo Fumagalli (in realtà era lo scienziato tedesco Kircher), che grazie all' invenzione del thanatoscopio riuscì per primo a proiettare l' ultima scena "intrappolata" negli occhi prima della morte.

Se l'idea può sembrare abbastanza originale anche se già calcata in passato, il modo in cui ci viene proposta risulta banale e abbastanza prevedibile. Il film infatti si basa soprattutto su un'atmosfera da tipica ghost story spagnola, tentando uno stile registico difficile e lontano da quello che sembra lo standard del nostro Stefano. Il film si snoda per circa un' ora e mezza tra dialoghi insulsi, una storia lenta e poco convincente dove spiccano alcune scene ottime (una su tutte quella dell' agnello) che non riescono però a risollevare le sorti del film. Ambientato in una scuola di cinema tutto verrà incentrato su lavori fotografici durante i quali Bruno, il protagonista, verrà a conoscenza di fatti che i professori della scuola non vogliono siano resi pubblici. Dopo aver scoperto il thanatoscopio e le varie implicazioni legate all' ogetto il protagonista comincerà a soffrire di visioni demoniache che nulla hanno a che vedere con la storia. Invece che sullo splatter il regista punta su atmosfere evocative e oscure tentando l' effetto sonoro. Ma è la storia di base ad essere poco convincente, mal realizzata e per nulla approfondita.

Stefano Bessoni ha tentato con questo "Imago Mortis" di riportare in auge il cinema horror italiano. Buona l'idea ma non si capisce perchè orientare la storia in modo da essere fine a se stessa, poco amalgamata nello sviluppo del film. Vi sono comunque delle note positive: suggestiva la scelta della location e buona anche la fotografia, presa in prestito da film dell' orrore iberici come The Orphanage, Darkness e La Spina del diavolo. Da segnalare anche l'ottima colonna sonora mai invadente e molto evocativa, con un grande utilizzo di archi per ricreare quell'atmosfera soffusa e onirica. Questi buoni elementi non bastano però a risollevare le sorti di un horror molto atteso dalla critica e dagli amanti del genere. Rimane l' amaro in bocca per un'altro film in cui le idee non mancano ma vengono mal riprodotte. Attori improbabili e un finale campato in aria donano un contorno di assoluta insufficienza alla pellicola.

"Imago Mortis" ha un'altro punto debole, quello più evidente: la tensione. Dopo alcune scene iniziali ben girate e con una buona dose di suspense, poi vi è il vuoto totale. Un vuoto così profondo che sembra di non assistere ad un horror...

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