"(Virginia Woolf) è una donna molto fortunata. Lei ha due vite: la vita che conduce e la vita del libro che sta scrivendo" - Vanessa Bell
Tre donne. Tre periodi. Tre nobili spiriti. Un solo, maestoso intento: permettere alla Signora Dalloway di fuoriuscire dalla grezza carta nella quale era stata concepita. Di forgiare empiricamente il flusso di coscienza dentro contesti diversissimi, indissolubilmente stretti nella positiva morsa dell'opera di Virginia Woolf. Una piramide a base triangolare: Mrs. Dalloway al vertice, segue l'ansia e la psicosi creativa della sua autrice, poi le rimanenti dame, pronte a materializzare dal blando astratto prosastico la vita e l'opera di una donna qualsiasi.
Esportare in antitetici ambienti l' improvvisa drammaticità vs. beffarda quotidianità delle ventiquattr'ore del dì: ecco che Virginia Woolf, quasi magicamente, entra nel vivo dell'esistenza, a primo sguardo qualunquista e anonima, di due donne riflessive, "ultra homine", intenzionalmente o meno gettate a capofitto nella rivista e corretta trama di Mrs. Dalloway, denominatore comune del film.
Un giorno solo, poche ore, attimi veloci e fuggenti, che, tuttavia, modificano irreversibilmente l'animo delle "vittime".
Laura Brown (Julianne Moore) è la Signora Dalloway degli anni '50, onorabile moglie e madre, in angoscia per un sentore di incapacità e mediocrità alla Zeno Cosini e/o alla Leopold Bloom, che per poco non la allontanano per sempre dal suo mondo. Laura legge e si appassiona all'opera della Woolf, coglie il flusso continuo di "momenti dell'essere" dell'umano in bilico tra la luce e l'oscurità, lo iperbolizza e lo declassa a decadenza dell'anima; improvvisamente nega i suoi talenti, la brava moglie e madre si trasforma in un gretto e vile individuo che deve fuggire. E, difatti, fugge, abbandona la sua casa, la perfetta convivialità dei Fifties, in preda al panico trova ospitalità in un albergo. Ma non dimentica la compagna Woolf-Dalloway, continua a leggere, a mimetizzarsi fa le pagine di questo fatale romanzo. Le ore sono vane. Passano e ritorna a casa, la donna ex-inetta, ora rinvigorito "angelo del focolare". E le ore passano, i flussi si volatizzano.
Clarissa Vaughan (Meryl Streep) è una Dalloway contemporanea, immersa a 360° nella caotica routine della Grande Mela, che intende acquistare dei fiori per una festa in onore del suo amico (ed ex-amante) Richard - che si scoprirà essere il figlio di Laura Brown -, poeta omosessuale affetto da AIDS galoppante, vincitore di un premio alla carriera. Clarissa attualizza le passioni ed il flusso di coscienza Woolfiano al contesto materialistico della contemporaneità, le ventiquattr'ore a lei assegnate alternano patimenti, pianti e sprazzi di luce mistica, il timore del buio sfida la certezza della non scalfibile auto-volontà razionale. Ciononostante, il giorno prefissato cala il velo della morte su Richard, egli si getta da una finestra dopo vaneggiamenti e visioni, la morte chiude i battenti delle ore che comunque saranno in grado di introdurre una straziata e vecchia Laura Brown, madre del poeta degli attimi.
Genitore spirituale e mentore di queste persone, Virginia Woolf (Nicole Kidman), accasata nella verde tenuta di Bloomsbury (Richmond) insieme al marito Leonard, abbagliata dalla psicosi-nevrosi, si sforza di completare la stesura del suo romanzo più noto, impresa assai ardua. Convivere con un raziocinio disturbato non è un gioco da ragazzi: girovaga tra il suo studio di scrittura e le cucine, accoglie con dolce freddezza la sorella Vanessa Bell con le figlie, corre alla stazione per ritornare a Londra, città che, paradossalmente, nei suoi confronti era stata più carnefice che luogo salvifico. Le rugose mani, perennemente macchiate dall'inchiostro del pennino e impregnate dal fumo delle sigarette, scriveranno pure il suo testamento etico, le ultime, drammatiche e schiette parole prima di annegare nel fiume Ouse. La Morte rappresenta il vero fattor comune della triade umana: muore il giorno, muore l'uomo, muore il degradabile, il materiale, ma le ore proseguono la rincorsa dell'Infinito.
The Hours. Un alternarsi di quadretti e vicende che dall'amorfo quotidiano abbracciano la trascendentale specialità del singolo momento: non importa dove si è, cosa si stia facendo, con chi ci si relazioni, è l'attimo, rapido ed inconfondibile, che regala all'uomo la volontà di volere, l'essenza dell'essere, la garanzia dell'esistere come ente autonomo e libero. La vita è un flusso invisibile di microcosmi temporali, indeterminati e indeterminabili, eppure presenti e assolutamente ineccepibili.
"Guardare la vita in faccia...sempre....e conoscerla per quello che è...amarla per quello che è...e poi....metterla da parte...per sempre, gli anni...per sempre, l'amore...per sempre, le ore." - Virginia Woolf
Stephen Daldry, The Hours. Tratto dall'omonimo romanzo di Michael Cunningham, Premio Pulitzer 1999 per la narrativa.
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