Ho fagocitato l'ultimo di King come un bulimico spazza le sue ciambelle con la crema. Il Re è tornato in forma smagliante nella forma racconto.

Si entra nelle storie senza tanti preamboli. Tempo una pagina e già ti proietta a tutta forza nel suo universo parallelo, così distante eppure così familiare. Quel mondo che sembra così simile al nostro ma che.. basta una virgola, un soffio di vento, una banale disputa per far saltare tutte le regolette che lo disciplinano.

Sapete quei castelli di carte da gioco.

Usuali, facili da fare. Chi non li sa mettere in piedi? Un attimo di disattenzione nel posare una carta, un dito, un gomito e..

...E' solo una pagina, ma King già ci fa rizzare i peli sulle braccia: perchè? Perchè con una frasetta innocente ci dice subito cosa ci aspetta o cosa potremmo aspettarci. Le ambientazioni sono tutte "normali" nei racconti che ci propone. Il primo, "1922", riprende quelle sensazioni che forse (noi kinghiani) avevamo perso oramai da trenta anni, quella sensazione di claustrofobia "ittiana" e soprattutto quella inevitabilità, ineluttabilità del divenire della storia. Tutto è scritto ma si va avanti. Anzi King mette benzina sul fuoco ad ogni pagina e, dopo ogni pagina, non puoi smettere. No. Devi sapere come continua, lo puoi immaginare... ma tu DEVI sapere.

"1922" è narrato in prima persona come una sorta di diario, tenebroso, solenne, mistico, drammatico.

Si finisce in un soffio. Ma attenzione, basta cadere nel tranello di pensare: "vabbè questo era davvero buono mi leggo solo due paginette del prossimo per sentire che aria tira".... e ZAC! Percepite immediatamente la trappola d'acciaio che il buon King aveva nascosto e che ora vi comprime la materia grigia. Porcaccia-di-quella-eva! Ma questo è più forte del primo!!! Evvia, ripartite a mille.

"Maxicamionista" è inesorabile, va come un treno. Non ammette assolutamente fermate, niente pipì, niente merenda, niente debaser, niente. Siete saliti e adesso dovete andare!

Alla fine, strano per un racconto di King, ma alla fine, dicevo, il racconto ci lascia un sorrisino malefico nonché ebete nonché sornione. Si.

Lo stile negli ultimi tre racconti, rispetto al primo, è invece quello più moderno dell'ultimo King. Quello degli ultimi 15-20 anni. Faccio una pausa per riprendere fiato prima del rollercoster finale e per accennare alla traduzione di Wu Ming 1 (andatevi a scoprire chi è) che sostituisce per la prima volta il mitico Dobner. Qualcuno ha storto il naso. Ora la prosa è più misurata, meno pirotecnica, più lineare e direi, "matura". A me è piaciuta molto.

"La giusta estensione" vola via come una farfalla (morta). L'importante è che, nel mentre, non pensiate a qualche vostro caro amico debaseriano... eh eh eh...

In apnea sull'ultimo, stupendo racconto: "Un bel matrimonio"

Altra pausa. Questa raccolta ha un altro pregio oltre a quello di averci ridato un King immenso. Il nostro scrittore riesce a mettere in piedi, con questi racconti, una notevolissima (e molto solida) introspezione psicologica dei personaggi femminili. Le donne qui sono protagoniste. E King ne sviscera (che bel verbo eh?) i pensieri più profondi, quelli che noi maschietti possiamo solo immaginare, a volte.

King in questo è un vero Mostro.

L'ultimo giro di giostra, dicevo, è forse uno dei migliori racconti di sempre del Nostro.

Gran ritmo, grandissima idea, superba esecuzione delle stessa.

Insomma finale col.. botto.

E adesso, proprio perchè sono cresciuto con King e sono diventato un Fedele Lettore Fetente vi svelo le ultime righe del libro, sicuro di farvi contenti: "Fedele lettore ... credo che la maggior parte della gente sia fondamentalmente buona. Io so di esserlo. E' di te che non sono del tutto certo".

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