Stai tranquilla Gula, non ho intenzione di farti alcun male. Voglio solo entrare nel tuo mondo senza che tu lo percepisca, senza alcun rumore. Te la senti di parlare?

Quel tuo sguardo dice già tutto, piccola. Quei tuoi occhi così freddi, come se volessero arrecare un danno morale alle tue origini, stanno parlando.

Qui a Peshawar sei al riparo, o meglio, dovresti essere al riparo. Mi rendo conto che in Pakistan la situazione non sia migliore ma, appare più indolore rispetto a quella del tuo paese perennemente martoriato dalla guerra. L'Unione Sovietica ha voluto attaccare la tua terra e il tuo villaggio. Ha voluto realizzare il suo Vietnam. Da qualche punto di vista sembra che abbia voluto mettere a posto quelle forzature che in Occidente sembrano così assurde...

Poi sono arrivati gli americani con le loro frustrazioni. Vincere la Guerra Fredda, vendicare la disfatta in Vietnam, eliminare i comunisti... ma tu che ne sai piccola mia. E neanche vuoi sapere. I tuoi occhi increduli non riescono a realizzare quanto è accaduto a casa tua. Quando speravi che piovesse acqua, che materializzasse qualche fiore, le gocce sono venute giù come bombe. Ascoltare la tua fuga, su per monti aridi, mi ha toccato il cuore. La tua famiglia uccisa...

Cerca di calmarti, amore. Fai rasserenare il tuo respiro. Non devo fare altro che un pizzico di pressione su questo pulsante e il tuo sguardo diventa immortale. Che occhi... Non muoverti, ecco. Devo fare in fretta perché mi è difficile stare a contatto con le donne afghane. Devo trovare il momento migliore. Voglio far sposare l'iride con ciò che affiora dalle usure del tuo drappo, creare un'alchimia efficace con il suo colore e farti riscaldare dalla parete alle tue spalle...

Splendidi quei capelli intimoriti dal vento. Un filo non riesce a trattenersi e si abbandona verso il fondo senza danneggiare il complesso di specchi che qualche divinità ti ha creato. Qualche piccola macchia sul visetto meravigliato non disturba affatto. Sembra un velo di trucco distrattamente adagiato sulla tua pelle. Come se fosse stato dimenticato, timidamente abbandonato per strada. E' la strada il tuo trucco, vero? Un fango leggero che in qualche modo ha voluto prendere in affitto le tue guance ancora morbide.

Senti ancora il loro fragore vero? Come un incubo latente si destreggiano abilmente tra i tuoi sogni innocenti, rimbombano ancora tra i tuoi pensieri ingenui. Guardami ancora Gula. Lasciami affogare in quel tuo splendido mare. Intenso, luminoso, devastante.

Era il 1984. Il suo volto finì sulla copertina del "National Geographic" divenendo famoso in ogni dove. Dopo diversi anni McCurry l'ha incontrata di nuovo. Gula Sharbat, la piccola pashtun, era tornata in Afghanistan, in un villaggio separato dal resto del mondo. E c'era ancora la guerra, quella civile innescata dai talebani.

Un rumore semplice da coprire sembra stia espugnando quello assordante degli ordigni bellici. E' simile ad un fruscio. Uno strano rumore di fondo, dolce ma imponente.

Quello del mare...

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