Il sottoscritto non molto tempo fa era un bambinetto tutto interessato a esoterismo, leggende medioevali e misteri religiosi. Come un novello Perceval, ero fortemente affascinato soprattutto dal santo graal, la coppa che per tradizione aveva usato Gesù durante l'ultima cena e che aveva raccolto il sangue del messia dopo la sua morte, così spulciavo spesso siti web alla ricerca di notizie sul calice. Nondimeno, rimanevo stupito ogni volta che vedevo "L'ultima crociata", il terzo (e per ora ultimo) capitolo della saga di Indiana Jones, che tratta proprio della ricerca del graal da parte di Indy. Quel finale, così misticamente incalzante, mi lasciava sempre qualcosa dentro, una sensazione che quel film veramente fosse riuscito a parlare di Dio.

Oggi il sottoscritto è cresciuto. Forse, almeno. Non credo più che esista un Dio nell'infinito e aderisco abbastanza tranquillamente alle idee di Feuerbach. Ma se questo sicuramente non interessa ai più, c'è da dire che la mia idea sul film non è cambiata troppo. Secondo me "Indiana Jones e L'ultima crociata" è un film ben girato, divertente e ha nel finale uno dei suoi punti di forza, riuscendo spesso a bucare lo schermo e a coinvolgere lo spettatore. Steven Spielberg e George Lucas confezionano un blockbuster che, a distanza di anni, ha ancora qualcosa da dire.

Il padre di Indiana Jones, stupendamente interpretato da Sean Connery, è stato rapito dai nazisti, poichè le sue ricerche sul santo graal hanno subito una svolta dopo il ritrovamento di una stele che riporta nuove prospettive di ricerca. Indy (naturalmente interpretato da Harrison Ford) riprende le sue ricerche dove le aveva interrotte il padre e riesce tra i misteri di Venezia a comprendere dove si trova il prezioso calice: nel tempio di Alessandretta. Indiana riesce a liberare suo padre, segregato in un castello tedesco, a recuperare i suoi appunti e partire con lui alla ricerca della sacra coppa. Ma i nazisti li hanno anticipati, e per portare a termine la loro missione decidono di servirsi proprio dell'ingegno di Indiana Jones, costretto a raggiungere il graal per salvare suo padre, colpito a morte dai tedeschi.

Il film è probabilmente il più riuscito della saga dell'archeologo col frustino, perchè sfrutta abilmente alcune intuizioni alla regia e alla sceneggiatura. Ho già detto di quel pizzico di misticismo che pervade il film, ma fondamentale è anche l'ironia presente nella storia: se Ford si dimostra su buoni livelli, i suoi dialoghi con i fantastici Connery e Denholm Elliott (che interpreta l'imbranato Marcus Brody) lanciano sicuramente il film su livelli non raggiunti dai due precedenti. Nonostante in alcune scene il film rischi troppo di scadere in impossibili gag, la regia di Spielberg e il cast convincono, riuscendo spesso a far sorridere e a far andare avanti la storia. Inutile sottolineare il lavoro di George Lucas, così come quello superbo di John Williams.

Insomma sicuramente un lavoro ben concepito e in grado di divertire lo spettatore. Ormai non sono più solo voci quelle che riguardano la produzione di Indiana Jones 4, che consentirà a Harrison Ford di rivestire i panni dell'archeologo avventuriero, probabilmente nel 2008. Speriamo che la premiata coppia Lucas/Spielberg riparta dai punti di forza di questo capitolo e non sforni la solita, indigesta, minestra riscaldata per tirare su qualche dollaro.

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