Cenare a casa dei propri genitori è sempre un'impresa difficile ed acida, se poi consideriamo che i miei, da buoni ex sessantottini falliti, hanno come unico cd Sanacore degli Almamegretta, con quel bitorzoluto gorilla di Raiz, allora le cose si mettono davvero male. Malissimo.

Conoscendo la passione per il reggae, e certo dub, che nutre mio padre ho portato un disco prestatomi dal fido mio parente Ettore, Siculo di adozione ma già stanco del caldo e dei colpi di lupara da schivare di quando in quando.
Metto il cd sulla piastra già arroventata dagli afrori mediterranei che, sono sicuro, scaturiranno copiosi dal dischetto delle meraviglie ed ecco: un-za un-za un-za un-za un-za un-za un-za un-za un-za; cavolaccio ma quando cambia ritmo? Ma non importa; mia nonna ha già smesso di guardare in cagnesco la nostra ospite Agnese: una donna orribile e sola del viso neanderthaliano che mia madre si piglia a carico, per pietà.
In un attimo la cagnara esplode: i due Pinczer, idioti di famiglia, attaccano ad abbaiare e mio padre esclama uno sciamanico: "Porcu dighel sti stronsi di cani li pòdat nò lasà fòra d'la porta?" E mia madre annichilita accenna uno slalom tra i molossi trasportando un vassoio di prosciutto e melone: che cariatide meravigliosa!
Bene, i testi scivolano placidi sugli argomenti favoriti da chi, dopo anni di acquedotti controllati dalla Mafia, lo scrivo maiuscolo non si sa mai, ha bisogno e sente l'urgenza di avere qualche goccia rinfrescante per far fiorire i raccolti, per rivificare le giornate caliginose in un clima impossibile che ancora oggi ci fa chiedere: ma chi Diavolo è stato così pazzo da colonizzare dei posti così caldi?

Mi ricordo quando, durante una mia fugace vacanza a Lecce, feci l'errore di visitare il centro storico da solo. Entrato in una tabaccheria il proprietario mi guardò sgranando gli occhi e dicendo: "Ma lei è pazzo a girar quì da solo?" E mi trasse in salvo col suo motorino dalle grinfie della piovra assetata.
Tutto questo è rinchiuso in questo amabile dischetto che mi fa pensare ai carnevali di Rio De Janeiro:l'esplosione della felicità quando dietro l'angolo ci sono bambine che, prive di veri giocattoli, fanno dei cadaverini dissepolti le proprie bambole.
Ma fiesta!!! La festa deve continuare: il reggae per non pensare, un ritmo sempre uguale per ottundere, per non riflettere la disgrazia di una terra. Logico che con quel caldo, probabilmente, non si può far null'altro.

Altro aneddoto: mi recai per un concorso, di cui non svelerò la natura, nel fiammante Salento, là dove soffia il vento d'Africa come ci ricorda quel copione di VInicio, e mi ricordo questa casa comune dispersa tra zolle di sabbia che sembravano già deserto... quest'uomo grasso sui cinquanta, che ci doveva ospitare, che col cane al guinzaglio dice: "nu ze sctannu o posto.... quì ierii è passsato u Franco nun cià datu la pussibillità"...dal casotto veniva una musica techno tiratissima, si sentivano le urla dei festanti e lui tirando il guinzaglio: "Dai Buddha 'nammo và che nu ch'a sta nieente a fa...".

Acqua Pe Sta Terra è un disco di una ripetitività e banalità agghiacciante: vorrebbe trasmettere calore e a me fa l'impressione di un cadavere nei frigoriferi dell'obitorio che agita le braccia, col sorriso fisso e il cervello spento per sempre.
Inutile dire che la cena finì con un gradevole sorbetto al limone; mio padre alzò il volume del televisore e, dopo pochi minuti, anche il piccolo blaster fu fatto tacere.
Solo mia nonna continuava a ripetere: "Ma la canzone coll'amore? La rimetti?"
Agnese stava zitta e piangeva.

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