Ah, il ciclo tutto sommato immutabile delle stagioni! Quante volte, per quanti di noi, le stagioni e le loro implicazioni cromatiche-climatiche-ormonali fanno da scenario fastidioso e inadatto a situazioni d'umore - ma pure a condizioni cliniche - ostinatamente contrarie al mood e all'immaginario collettivo.
I metereopatici e i fratturati sono fortunati, in questo senso. Agli altri, i più passivi, non resta che prendersela con la natura o con Dio, a seconda dei gusti, per questo fatto dell'asse della terra inclinato e i giri che ci facciamo intorno al sole. Gli attivi e gli ottimisti - notoriamente più svegli della media - possono tentare invece di far aprire gli okki agli amici su Facebook ché il clima e le stagioni li manovrano Obama, Samantha Cristoforetti e le lobby farmaceutiche con le scie chimiche, gli scudi aerei e tutte le irrorazioni del caso. Non si è capito bene per quale motivo, comunque. Può darsi che sia tutto finalizzato a far corrispondere il clima agli stati d'animo del capo della massoneria mondiale o a una previsione umorale annuale dei membri del Gruppo Bilderberg eccetera.
E intanto noi poveracci operai sempre lì a subire gli umori dei potenti. Tocca farci l'ansia a maniche corte. Gli attacchi di panico a petto nudo in boxer. La depressione a sorseggiare ottimi mojito. L'ipocondria on the beach a temere il melanoma in Coppertone. Col magone in infradito.
Poi torna la gioia di vivere e chi ne ha voglia di uscire con questo tempo di merda.

Astrocoast si beava di una fortunata congiunzione tra stato d'animo e stagione, che per i Surfer Blood si traduce evidentemente in ispirazione e canzoni come Swim, che probabilmente non torneranno più. Anche perché è uno di quei pezzi che è tanto se ne scrivi uno nella vita, non so se ricordate. Tarot Classics era la versione in miniatura: ugualmente bello, con Miranda e soprattutto I'm Not Ready.

I Surfer Blood erano, e restano, un immaginario costiero fatto di chitarre jangle, arpeggi soleggiati e tremolo picking, cantilene da spiaggia e melodie strappate ai Beach Boys. Ritmiche tra bossa e reggaeton, percussioni e xilofoni. La voce da cagnone di John Paul Pitts che arriva riverberata come da una conchiglia e sceglie sempre le note giuste, non lesina falsetti e ben si addice a quella faccia da ragazzino Billabong troppo cresciuto. Riffoni hard rock mediati dagli Weezer. Ritornelli perfetti.

Ma sugli immaginari, sulle stagioni ideali, si abbattono la vita e gli accidenti: la denuncia per violenza domestica a Pitts, il sarcoma a Fekete; la band accolta e scaricata dalla Warner nel giro di un anno; un disco, Pythons, sfortunato al di là dei suoi reali demeriti. Fan e band della scena che voltano le spalle, live scadenti.

1000 Palms continua a pagare quel che aveva pagato Pythons e i Surfer Blood, più che mai, suonano condannati a un'estate perenne. Non tutti sono Brian Wilson e riescono a uscirne, inventare qualcosa di grosso come Pet Sounds. Ma basterebbe molto meno. Non per tutti la dolorosa spiaggia è una condizione passeggera, come quella di Neil Young.
Così la coda di Covered Wagons è surf mentre mette un'ansia terribile. Dorian ha coretti e armonizzazioni, maggiori, acustica caraibica, ma si avviluppa e rimane irrisolta. Grand Inquisitor è una surfata dell'orrore sui tom: frangenti, scogli e squali, ma si esaurisce senza andare da nessuna parte. La solista di Island ha leva e riverbero ok, ma il ritornello è incastrato a forza in una strofa già debole. Feast Famine viene fuori bene, ma dopo Miranda non se ne sentiva la necessità. Point of No Return aggiunge un nuovo interessante punto di vista da spiaggia, più pianistico e con tastierona eterea, posato, ma la mancanza d'ispirazione di Pitts appiattisce il tutto e nell'ultimo dei Raveonettes ci sono quattro o cinque pezzi migliori. In Into Catacombs non ci hanno creduto nemmeno loro. Sabre-Tooth and Bone risolve il giro in modo tanto spettrale e poco rassicurante, quanto forzato. NW Passage chiude il disco cupa e acustica, con una malinconia da dopo-tramonto, ma senza lasciare alcun ricordo.

Esattamente come l'ansia a maniche corte, il magone in infradito e tutto, i Surfer Blood conservano dell'estate le istanze superficiali e suonano intimamente irrisolti, inquieti, bisognosi di chiudersi in strutture cervellotiche mentre fuori fa bello. Incapaci di scrivere canzoni strofa-ritornello-strofa-ritornello-strumentale-ritornello-fine.
Ma bisogna continuare a volergli bene, nonostante tutto, e augurargli di ritrovare l'umore adatto alla loro stagione.

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