La parola ''Grunge'' è stata tra le più controverse nell'ambito della terminologia rock.
Se, semplicisticamente, si tende ad identificare con essa il sound ''Made in Seattle'' tra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90, allora mi sento di affermare che le quattro band di maggior successo commerciale del periodo, Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden e Alice In Chains, erano ''Grunge'' (pur presentando tra di loro, a mio avviso, ben poche analogie).
Tuttavia, questo vastissimo calderone, che inglobava gruppi talvolta dozzinali, talvolta di tutto rispetto (Screaming Trees, Mudhoney, Melvins, Afghan Wigs), annoverava al suo interno anche una band come gli Smashing Pumpkins, che erano di Chicago, o i Meat Puppets, band dall'inusuale versatilità alla quale la definizione ''Grunge'', forse, poteva andare stretta. Lungi dal voler tracciare una cronistoria del fenomeno, ho fatto questa premessa per dire che, se fra le possibili accezioni del termine ''Grunge'', c'è anche quella di rozzo, cattivo, lercio, allora i Tad incarnano alla perfezione tale significato. Il gruppo prende il nome dal suo (abbondante) leader, Tad Doyle, sagoma da camionista in stile episodio dei Simpson (avete presente quando Homer sfida quel camionista a mangiare una bistecca di 7 chili?), ma ho letto anche che avesse delle effettive attitudini da macellaio... Ad ogni modo, questi era ritenuto un personaggio piuttosto impresentabile alle masse: la sua musica era decisamente rozza, non aveva i capelli biondi e la faccia d'angelo alla Kurt Cobain, e alcuni atteggiamenti che rasentavano la blasfemia (basti pensare al titolo del primo album ''God's Balls") non lo aiutavano di certo (in quel periodo non era ancora in auge quel ''genio'' di Brian Warner, che capì come fare soldi in quel modo).
Nonostante ciò, i Tad erano contesissimi dai discografici dell'ambiente (due su tutti Butch Vig e Jack Endino), ed erano considerati tra i migliori elementi della Sub Pop, per la quale i Nostri sfornano l'ultimo album, datato 1991, prima di approdare ad una major. Il disco in questione è "8-Way Santa", che rappresenta un punto di incontro tra la forza bruta dei primi due album, e la carica mitigata degli album successivi.
È un grunge possente, ben suonato che, nei successivi album, nonostante l'introduzione di arpeggi di chitarra e del pianoforte, tende quasi al metal (ascoltate il riff di ''Luminol''). Tuttavia, pecca di ripetitività, caratteristica che riesco a tollerare in virtù di un iter ''melodico'', ma che mi fa storcere il naso in un album caratterizzato dalla massiccia presenza (e, se vogliamo, dal rumore) di chitarre elettriche e batteria.
Gli episodi migliori sono l'incalzante ''Jinx'' e ''Delinquent'' (quest'ultima, paradossalmente, è gradevole anche da canticchiare). Barlumi di ''melodia'' si intravedono in ''Plague Years'' e ''3-D Witch Hunt'', mentre in ''Jack Pepsi'' la strofa è quasi rappata. Le altre tracce presentano un'uniformità di fondo che, in una band meno tecnica, risulterebbe addirittura pedante. I riff cavernosi di ''Stumblin' Man'' (riff introduttivo lento e decisamente lungo), e soprattutto ''Candi'', rendono l'idea dei primissimi Soundgarden; non si discostano più di tanto dallo stereotipo pezzi come ''Trash Truck'', ''Crane's Cafe'' e ''Giant Killer''. Band non sottovalutata, ma che, forse, all'interno del fenomeno ''Grunge'' avrebbe potuto godere di più fortuna (successo e, intendiamoci, soldi).
Ma credo che ad uno come Tad Doyle, che non si vergognava del suo aspetto, e che rideva (perplesso) quando gli dicevano che era troppo ciccione per poter sfondare (riflettendo sullo stato in cui versava la musica di quel periodo e, ahimè, anche quella attuale), la cosa non sarà dispiaciuta più di tanto.
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