La prima figura che emergerebbe al sol pensiero di una maternità, a prescindere dallo stato sociale di una madre, è con diverse probabilità, quella di una donna che lascerebbe volentieri poco spazio alla propria apparenza estetica, con il decisivo intento di lesinarla per il pargolo che stringe al seno. Magari apparirebbe trascurata, con abiti convenzionali ma in possesso di una sentimentale carica energica che deve e che vuole trasmettere al figlio in fasce. Una madonna, che irrora l'aura vergine che circonda il bambino con la sola forza dell'amore materno, sensibilmente più forte di qualunque scarica elettrica.

Il complesso della maternità, o per lo meno di una sequenza che ne garantisce la tenerezza, assume, attraverso la visione "ingioiellata" di Tamara De Lempicka, una dolcezza insospettabile, forse inconcepibile, o che attribuiresti con frettolosa superficialità ad un elemento esterno. L'artista polacca, che faceva un largo uso del nero et/aut colori freddi, riusciva però a donare, ad ogni opera, una ricchezza materiale capace di distorcerne l'anima, cogliendo di sorpresa l'immagine comune nella mente dello spettatore, stravolgendone lo stato emozionale.

La madonna di De Lempicka ha i capelli ben curati, magari lucidati da un apposito unguento di cui si percepisce il profumo. Una perla notevole abbellisce il caschetto all'estremità, dove sul lato opposto, domina un ciuffo che sembra scampato alle spire di un pettine o alle setole stoppose di una spazzola d'osso. Il viso è perfetto, come se fosse coperto da un fondotinta che non escluderei e le labbra sono rese più capaci dal colore artificiale di un rossetto acceso. L'arte della De Lempicka stava nel "pastellare" i colori durante la distesa su tela. Ogni immagine sembra coperta da un sottile strato di cera, lucido, in alcuni casi plastico. Una cera plasmabile, soffice, invitante al punto di volerla stritolare con le mani per poi modellarla su ogni immagine. Efficace il contrasto dello sfondo sulla camicia da notte che si adagia sulle spalle seminude della donna. L'impressione è che il panno sia appena appoggiato in quanto rigoglioso, ricco di drappi morbidi e poco spessi dove si percepirebbe anche una sottile componente erotica, spazzata però dalla presenza del bimbo intento a sorbire il latte materno, e avvolto in una coperta ben ricamata, ben lavorata, che lascia intendere ad una buona manifattura ed un tessuto di pregio.

Mi risulta difficile la lettura dello sguardo. Visto in fretta sembrerebbe triste ma non voglio pensarlo. In caso contrario l'opera si avvolgerebbe di un contesto cupo che faccio fatica ad immaginare. Aguzzando la vista, dall'occhio destro, dal lato dello spettatore, trapela una punta di dolcezza, meno evidente in quello sinistro. Sensazione che si cancellerebbe considerando il particolare delle mani. Due ali d'angelo delicatamente adagiate a proteggere il piccolo. Sembra che ci sia un invisibile cuscino d'aria a separare la mano destra dal seno. Sembra non ci sia nulla a comprimerlo per una maggiore fuoriuscita di nettare. L'altra mano è appena sfiorata dalla coperta del bimbo e con la stessa delicatezza si appoggia al corpicino per sostenerlo. Delicatezza evidenziata dalla totale assenza di pieghe sulla coperta od ombre accentuate per definire la profondità della pressione delle dita, dalle unghie accuratamente smaltate, sul panno. Due piume.

Piccolo amore, piccola madonna dallo sguardo spento.

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