Questa immagine risale all'anno più infuocato dell'epoca del piombo. Era il 1977. Mese di aprile.

A quel tempo la rabbia dominava molto spesso gli animi della gente. Una rabbia talvolta controllata, giustificata, talvolta selvaggia e cieca. Che tipo di rabbia si riesce a captare in quegli occhi? Bellissimi, spontanei, più rilassato e diretto il destro, più scrutatore e concentrato il sinistro. Un fazzoletto, che per una volta sostituisce una kefiah, copre il naso e la bocca. Quasi come se volesse lasciare al "servo dello Stato", la possibilità di giocare a scacchi con l'immaginazione. Capelli ordinatamente separati da una linea di confine e cavalcati da un delicato ornamento in trecce. Qualcuno cerca di evadere dalla precisione della pettinatura divisoria ma, avvolto dalla velleità preferisce adagiarsi come una dolce virgola sull'occhio più grande. Un braccio che resiste si oppone al petto indurito dell'uomo in uniforme. Non varcare il confine. Non invadere il mio territorio.

Di destra? Ma no. Di sinistra? Per come si veste, direi di si. L'etichetta è quella. Capelli lunghi, non completamente ordinati, kefiah, maglioni colorati, Clarks, eskimo...Si è una comunista, roba di Lotta Continua o giù di lì. Non spingere per favore. Non capiresti il motivo per cui siamo qui. Potrei esserti padre o fratello maggiore, bella. Non opporre resistenza, per favore.

I figli della povera gente, quelli difesi dal poeta al cubo, sono di spalle. La bandoliera bianca, inconfondibile, marchia a fuoco la schiena nuda del militare di truppa. Il carabiniere, giovane, probabilmente meridionale, appesantito da un casco asfissiante di vetroresina e plastica imbottita. Non si vede ma lo si immagina. In quegli anni era preferibile averlo calato come un'aureola artificiale sulla propria testa. Quando la manna infernale faceva piovere sassi, morsi di porfido. E andava bene se te la cavavi con qualche punto di sutura. Quando i temporali erano più intensi cadevano le molotov, gocce di vario calibro che ti lasciavano parallelo al cielo. E potevi fissarlo, inebetito, cercando di capire perchè i tuoi amici ti scuotevano le braccia inchiodate al suolo. Fino a quando quell'azzurro, si anneriva per sempre.

Che cosa c'è in quello sguardo? Cosa vuol dire la ragazza al carabiniere? E lui, cosa le starà rispondendo?

Un varco si apre tra i militanti delle formazioni extraparlamentari e le colonne dell'ordine pubblico. Tano D'Amico, cavaliere di ventura di quegli giorni di ferro, crea un'icona. E' bastata una lieve pressione dell'indice destro, un'ottima tempistica e un pò di fortuna. Il Ministro dell'Interno, per arginare la violenza degli scontri ha varato un piano troppo edulcorato nei confronti delle forze dell'ordine. Feroce e spesso impunito verso i ribelli e gli innocui indiani metropolitani. Nulla da giustificare. In quegli anni sbagliavano tutti.

Il 21 aprile del 1977, a Roma la polizia sgombera degli studenti impiantati nei terreni della città universitaria. Quattro facoltà da ripulire. Tutto a posto, nessuna opposizione focosa. Fuori le mura dell'ateneo però si alimenta una violenta guerriglia. Molto organizzata. Contro la celere si abbattono molotov e colpi d'arma da fuoco. Settimio Passamonti è un poliziotto e ha 23 anni. Comandato con un plotone a respingere delle barricate nel quartiere San Lorenzo. Due colpi sparati da un manifestante rimasto ignoto lo strapperanno alla vita mentre alcuni colleghi tenteranno di ripararlo in una pantera.

Qualche giorno dopo conoscerà una ragazza.

Cossiga, quello che all'epoca veniva identificato con la kappa e le esse-esse, non tollera che "i figli dei contadini meridionali vengano uccisi dai figli della borghesia romana". Detto, fatto e sottoscritto. Vieta i cortei e inasprisce le azioni di difesa delle forze dell'ordine. La sinistra manifestante non ci sta e protesta con un sit-in in Piazza Navona. E' il 12 maggio. La polizia, a titolo cautelativo, schiera reparti antisommossa in varie aree del centro storico. Anche agenti in borghese mescolati tra i militanti in corteo che spareranno ad altezza d'uomo. Giorgiana Masi è una studentessa di 19 anni e si trova nei pressi di Trastevere, tra Piazza Belli e il Ponte Garibaldi. Come una macabra coincidenza, due colpi la raggiungeranno all'addome. La sua vita si dissolverà sul freddo squallore di una barella bianca.

Magari ora starà correndo felice tra i campi di grano verso il sole.

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