Scava scava, nell'immenso e labirintico mondo delle produzioni indipendenti che sono state un'unica fiammata estintasi in un battibaleno alla fine qualcosa di incredibimente interessante lo trovi sempre. Negli anni '80 furono prodotte - in Italia e altrove - tonnellate di cassette piene di idee e di buona volontà, nonché di belle speranze. Chi non ha in casa dei nastri demo del suo gruppo di gioventù o di qualche misteriosa band consigliata da un amico? C'è chi conserva ancora scatoloni di cassette fatte in modo più o meno artigianale. Lì in mezzo a volte trovi autentiche rarità di nomi poi divenuti celebri. Oppure rarità di nomi rimasti sepolti per sempre, ma che in quel momento avevano fatto qualcosa di incredibile.
E' il caso di questi Technical Quartet Industries segnalatimi da un mio contatto musico che era riuscito a sentire tutti i brani in rete (vedi note in fondo alla rece).. Mi prendo il disturbo di recensire un demo con sei pezzi, divulgato in sole 30 copie nel lontano 1987, perché questa musica aveva dell'incredibile. Quando si dice che uno "è avanti" ... bè, questi erano molto avanti. E il pensiero che siano scomparsi nel nulla, quanto meno come progetto con questo nome, dice molto su come si evolvono le dinamiche del mercato disografico. Questi tizi se avessero incappato nel management giusto e lungimirante, sarebbero stati dei Sigur Ros ante-litteram e molto altro.
Il demo dà idea di essere cinacicato, con una copertina in carta ormai macerata,ma la qualità audio è discreta benché frusciante. Grafica non particolarmente originale, anche perché il quartetto non era composto da bei faccini stile boyband, a parte la signorina Paulette. Però la confezione è relativa, al massimo è interessante come esempio del trend di quei tempi. Il contenuto musicale è ciò che fa drizzare le antenne e non solo quelle.
L'album parte con la main title track che è un lento mantra ipnotico su cui la voce di Paulette tesse litanie cosmiche da brivido. Litanie lamentose con un fascino alieno. Sonorità molto ricercate, ritmo sullo stile di cose che sarebbero venute di moda almeno tre o quattro anni dopo, testi incomprensibili, ma che sembrano raccontarti qualcosa di misterioso e maledetto. Nei brani successivi la voce della fanciulla si alterna a quella di un uomo - non si sa quale dei tre - lasciando spazio ad atmosfere più cavernose e rarefatte. Ma il mood resta il medesimo. "Plastic ego" e "Void mirror" sono prototipi di drone-music in anticipo di anni. E il resto dei pezzi non è da meno.
Se penso alla scena lettronica e industrial di quel periodo preciso focalizzo qualche band che faceva cose simili. Il punto è che le faceva in maniera più imprecisa, artigianale, procedendo un po' tentoni. Anche la qualità dei suoni era più sporca, le idee insistite e ripetivive. Qui invece si percepisce una chiarezza di obbiettivi e il livello della produzione è molto alto.
Qualcosa dei Technical Quartet Industries è comparso su YouTube a sprazzi. Fino a qualche tempo fa l'intero demo era ascoltabile, poi è sparito in quanto hanno eliminato il canale. Ma qalcosina si trova ancora, per farsi un'idea. Una copia della cassetta attualmente è valutata a cifre elevate, vuoi perché effettivamente rarissima, vuoi perché merita davvero di essere conservata e trasmessa alla posterità.
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