C'è un'immagine tra le foto promozionali di questo nuovo lavoro della band di Atlanta che rappresenta e presenta benissimo il disco. I Black Crowes, vengono ritratti con le loro barbe, i loro lunghi capelli e i loro vestiti seventies all'entrata di un'enorme casa di legno con una scalinata con pile di legna da ardere ai due lati. Probabilmente si tratta dello studio di registrazione situato a Woodstock di proprietà di Levon Helm (splendido il suo ultimo disco "Electric Dirt"(2009)), dove i nostri hanno registrato in presa diretta davanti ad uno sparuto numero di spettatori i 20 brani che compongono questo disco quasi d'altri tempi.
Quella legna da ardere sembra essere lì per testimoniare il calore che l'ascolto di questo disco sembra emanare e che si contrappone con la algida copertina e il titolo dell'opera. Questo disco potrebbe essere il perfetto mix tra i Basement tapes di Dylan/The Band e l'Exile on Main Street degli Stones. Tutte composizioni originali a parte la cover di Stephen Stills "So many times". Canzoni che dimostrano quanto la band sia maturata in questi ultimi anni. Già il precedente "Warpaint" (2007) si era fatto aprezzare per la ritrovata vena compositiva dei fratelli Robinson, ma questo disco lo supera. Calore, introspezione, feeling, coesione sono aggettivi che ben si adoperano per descrivere lo status attuale della band, che sembra essere rinata dopo l'entrata di Luther Dickinson (North Mississippi All Stars) alla chitarra. Il legame con i grandi degli anni settanta non è mai stato così marcato come in questo album, trovare spunti di Rolling Stones, Faces, primo Rod Stewart (sopratutto nella splendida voce di Chris Robinson) o gli echi sudisti di Allman Brothers Band e il calore delle composizioni di The Band e Little Feat. I Black Crowes, hanno perso per strada l'irruenza e l'urgenza di certe cose degli esordi per acquistare in calore avvicinandosi sempre più al roots americano.
I corvi di Atlanta sembrano divertirsi, passando in rassegna tutti gli stili che rientrano nelle loro corde di musicisti. Il primo disco "Before The Frost..." si apre con una formidabile "Good Morning Captain", che parte da dove era finito il precedente "Warpaint". Composizione che diverrà un loro classico, sicuramente. Da notare il prezioso lavoro al piano e tastiere di Adam MacDouglas. Accanto ad episodi di rock blues ruspante come "Kept My Soul" o la lunga lo "Been A Long time (Waiting On Love") con la sua jam finale, dove i nostri si sbizzarriscono, troviamo episodi country come la bellissima "Appaloosa" che sembra uscire direttamente all'agreste Harvest del signor Young o 'acustica "What Is Home?", così vicina a CSN del mitico divano in copertina. C'è pure spazio per un brano divertente e spiazzante come amavano fare gli Stones di fine anni settanta. "I Ain't Hiding" è uno scherzo e così va preso, ritmiche disco-funk che tanto piacerebbero alla boccaccia di Jagger.
La seconda parte del lavoro "...Until The Freeze" la potrete scaricare dal sito grazie al codice che troverete nella confezione del cd a meno che non vogliate prendere il vinile e allora lì troverete tutto in due dischi e forse sarebbe la soluzione giusta visto i suoni così vintage di questo lavoro. "Aimless Peacock" lascia intravedere l'anima di questo secondo lavoro, più cerebrale e psichedelico. Violini, sitar ci immergono in atmosfere vicine a certe cose tanto care al George Harrison di fine anni sessanta. Mentre "Garden Gate" è un divertente walzer country sorretto dal violino così come country risultano "Shine Along" e "Roll Old Jeremiah".
Venti canzoni che ti fanno attraversare l'America stando seduto tranquillamente in poltrona mentre il camino brucia quella famosa legna da ardere e qualcosa di alcolico scalda le nostre interiora anche se basterebbe la musica di questo superbo lavoro, tanto anacronistico quanto utile di questi tempi per riappacificarsi con il mondo musicale usa e getta di oggi.
Carico i commenti... con calma