Il fatto che i ragazzi avessero la stoffa del grande gruppo lo si era capito da un pezzo...

"Thought For Food" e "The Lemon Of Pink", entrambi usciti per l'etichetta Tomlab sono due autentici gioielli di folktronica e assemblaggi (quasi) pop, senza dimenticare il valido "Lost and Safe" del 2005 che, in una forma meno sperimentale e più orecchiabile, regalava una band in buona forma e abbastanza connessa con idee e proposte innovative.

Non conosco le ragioni dell'allontanamento dalla storica label, ma nel 2010 per Temporary Residence (etichetta di Brooklyn) esce questo "The Way Out" arricchito peraltro da copertine che mutano i colori della scritta in evidenza sul nero dell'artwork (giochino abbastanza inutile in fondo...) e ritroviamo lo stesso duo, eppur cambiato.
Proprio come nel celebre Gattopardo in cui si affermava "Bisogna che tutto cambi, perché tutto rimanga com'è", cosi accade in questo disco dove i nostri replicano la formula vincente in modo leggermente più variegato del precedente "Lost And Safe" e aggiungendo un universo svariato di campionamenti, laptop, voci registrate modificate e remixate che creano una babele linguistica.
Non sarò uno di quelli che grida al miracolo nel sentire questo album, però resta il fatto che i Books sono una delle band più importanti nel campo di campionamento elettroacustico e possono assestare il giusto colpo o risentire di una certa apatia compositiva, ma riescono sempre a stupire e mantenere un buon standard qualitativo. In questo caso ritengo l'album leggermente prolisso in alcune sue tracce.

A partire da "Group Autogenics I", dove si invita l'ascoltatore a rilassarsi per seguire il cammino della conoscenza attraverso il disco, si denota un inizio poco convincente che mi aveva già fatto temere per una delle uscite più attese dello scorso anno. Fortunatamente la seguente "IDKT" rappresenta uno dei migliori brani scritti dal gruppo con quella magia folktronica che ammalia l'ascoltatore e molto apprezzabile la stessa cadenza ritmata quasi soul della successiva "I Didn't Know That".
Si cresce di intensità elettronica con "A Cold Freezin night" che sarà il singolo di presentazione dell'album e si balla a ritmi techno adesso, ma la gioia di avere ancora un nuovo cd dei Books mi rischiara la giornata pur vedendo abbassare l'intensità delle belle sensazioni nel blocco centrale. Si sentono qui troppi segnali pop folk lontani dal mondo dei Books, non riesco infatti ad associarli alle atmosfere riferibili a gruppi come i Fleet Foxes o addirittura REM e ci si riprende solo nella parte finale dove darei la corona del miglior pezzo a "We Bought The Flood".

Ho ritenuto opportuno trasmettere una sorta di rapido excursus delle canzoni presenti in questo disco per tre ragioni:
1. difficile racchiudere in un solo genere tutte le influenze del gruppo, quindi era importante far capire la varietà della materia prodotta
2. trasmettere il concetto di una qualità altalenante del disco, non tutti i pezzi hanno la stessa ispirazione a mio avviso, ma forse era inevitabile andando a toccare molti generi distanti tra loro
3. dar conto del minimo comune denominatore dei Books: tutto risulta ai loro orecchi campionabile, tutto diventa ritmo nelle loro mani (e con tutto intendo veramente tutto, da una frase di Gandhi, agli uccellini, una seduta di yoga o il traffico in strada ecc).

Capisco adesso il motivo dell'assenza di questa recensione su DeBaser, non credo sia causa di una mancata conoscenza del disco o del gruppo, quanto della problematica di render conto di tutto a 360 gradi.

Prendete le mie parole come un servizio alla comunità, rendiamo grazie a Jesper.

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