Estate 2002, un negozio di dischi del centro di Firenze. Davanti a me, sulla copertina del disco, campeggia una bella etichetta rossa, scritta in perfetto inglese, che recita: "VODAFONE - INCLUDES BOHEMIAN LIKE YOU FROM THE VODAFONE COMMERCIAL".

Già 'sta maranzata ti farebbe cadere le palle e riporre il disco sullo scaffale, se non fosse che all'epoca conoscevo già i Dandy e sapevo il valore del gruppo. "Bohemian Like You" non è mai stato per me fra i pezzi migliori di Taylor-Taylor, già "Get Off" (allegro giro di chitarra britpoppeggiante e solito cantato basso di Courtney), primo singolo estratto da questo "Thirteen Tales From Urban Bohemia", aveva a mio parere maggior appeal radiofonico e melodico. Vabbè, potere degli spot...

"Thirteen..." è comunque un gran bel disco, una sorta di calderone in cui i nostri si sono divertiti fondendo le solite influenze dei dischi precedenti in un contesto stavolta qualitativamente maggiore. Quasi interamente scritto da Taylor-Taylor (eccetto "The Gospel" in collaborazione con Holmstrom), l'album viaggia sulla solita falsariga di un rock filo britannico arricchito da psichedelica q. b., chitarre ridondanti (spesso e volentieri si presenta un intreccio acustica-elettrica molto bello) e quel tanto che basta di atmosfere "drogate" e volutamente scazzate.

L'opener "Godless" si presenta bene, col suo arrangiamento vagamente "western" e la chitarra acustica molto discreta e piacevole; segue "Mohammed", percussioni in vista ed atmosfera orientaleggiante. "Nietzche" è la prima a sfoderare le chitarre elettriche, Courtney canta utilizzando un registro monocorde, come se fosse ipnotizzato, influenzato da qualcosa. Un rumore elettronico di sottofondo ci accompagna per tutto il pezzo, creando una patina volutamente fastidiosa nel ritornello. Bel numero. Arriva poi "Country Leaver", pezzo pseudo country che i Dandy amano piazzare quasi ad ogni disco (sentire "The New Country" nell'ultimo "Odditorium..."), che ci introduce ad una scanzonata "Solid" e ad una aggressiva "Horse Pills" (vagamente ripresa successivamente dai Marilyn Manson per la loro "mOBSCENE"). "Sleep" è un semplice ma bel lentone acustico accompagnato dal falsetto di Courtney, "Cool Scene" è invece più sostenuta. "Shakin'" è un rockettino caotico che sembra un incidente frontale tra i Vines e i Blur, "Big Indian" sembra rubata da un taccuino di Noel Gallagher e lascia spazio al finale di "The Gospel", pezzo incredibilmente lento e allucinato, quasi una marcia funebre imbottita di anfetaminici.

Un grande lavoro, che lanciò i Warhols nel panorama rock internazionale e che, a distanza di anni, non stanca dopo ripetuti ascolti.

Se amate il genere vale la pena procurarselo.

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