Avvicinate l'orecchio che vi sussurro uno dei segreti indie-pop meglio custoditi del 2006: zitti zitti i "The Format" hanno tirato fuori uno dei migliori dischi dell'anno!
Con diversi EP all'attivo ed un altro album non male ("Interventions + Lullabies" del 2003), questo "duo allargato ad altri elementi" fondato da Nate Ruess e Sam Means dall'Arizona dimostra che è ancora possibile fare musica varia, appassionante, suonata benissimo e ancora meglio arrangiata senza scadere nell'autoreferenzialità e nella posa indie. E dimostra pure che si possa aprire un disco con 5 pezzi uno meglio dell'altro! Organetto e flauto su una dolcissima melodia circense ("Matches") ci introducono ad una cinquantina buoni di minuti di musica fatta col cuore che parla o dovrebbe parlare di relazioni che finiscono prima di iniziare, con brani che riescono a procurarci non pochi "sbattimenti di mani dicendo yeah". Salta subito all'orecchio la caratura del gruppo che dimostra come si debba costruire un pezzo mettendoci dentro di tutto, ma lasciandolo perfettamente fruibile, stupendoci a piè sospinto.
Come fare a resistere a "I'm Actual", che parte in un modo malinconico e diviene un delirio circense da ballare con la propria bella? Tanta è la carne al fuoco che viene voglia di fare un track-by-track solo per rendere giustizia a queste composizioni. Ascrivete alla voce "imprescindibili" perciò i pezzi "Time Bomb", "She Doesn't Get It", "Pick Me Up" che hanno in comune il fatto che vi faranno sbatacchiare un bel po' essendo ultra ballabili, con richiami dance wave anni'80 che ci stanno sempre bene. In particolare "She Doesn't Get It" può fregiarsi della palma di "singolo perfetto": tempo molto up, arpeggio di chitarre in apertura, crescendo della melodia, ritornello da cantare a squarciagola, bridge con campane che è ancora meglio del ritornello e voi che non riuscite a stare fermi! E poi accade l'imprevedibile… "siore e siori benvenuti a Broadway"! "Dog Problems" è puro musical, con l'andamento cadenzato e i fiati a tener su la melodia. Ti aspetteresti l'entrata di Liza Minelli da un momento all'altro. Se state storcendo il naso sappiate che in questo stesso pezzo riescono a piazzare una parte orchestrale, sostenuta dagli archi, che è talmente malinconica che pare un cielo che si apre dopo un temporale. Spettacolo!
Poi il disco perde un po' il tiro, presentando pezzi tutto sommato normali rispetto a quanto sentito finora, ma sempre sopra la media, pezzi buoni per le college radio, per intenderci. Si riprende quota con "The Compromise", che sostanzialmente è un rock'n'roll vecchia maniera, ma suonato col piglio moderno. Bella pure "Inches And Falling", che richiama tanto i Queen dei primi dischi, e che si apre con una dichiarazione che è tutta un programma "I love love / I love to be in love / I don't care what it does to me". Chiude il disco "If Work Permits" che sembra una ballata classica, ma che ad un certo punto ed in maniera del tutto inaspettata esplode in un pezzo punk: evidentemente c'è chi ama non farsi mancare nulla.
Vediamo di trarre le somme: su 12 brani ne abbiamo 5 spettacolari, 3 buoni e 4 nella norma. Il fatto è che i pezzi buoni sono talmente buoni da fare allontanare lo spettro dell'occasione mancata, annientando quelli così così. Se fosse stato un EP sarebbe stato favoloso, ma come disco vale un 4 pieno, con dei bei 7 (il 5 gli sta proprio stretto) appiccicati ai pezzi summenzionati.
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