"More Specials", secondo lavoro del gruppo di Coventry, pubblicato nel Settembre del 1980, coglie di sorpresa gli inconsapevoli e spensierati Nutty Boys che ballano sul ponte. L'elegante grafica in bianco e nero del disco d'esordio viene sostituita da uno scatto anonimo restituito, per giunta, a colori. Walt Jabsco, il Rude-boy simbolo del movimento 2-Tone, si stava inspiegabilmente rifacendo il guardaroba.

Eppure con il loro primo album, gli Specials avevano acceso l'entusiasmo generale nella terra d'Albione, dando vita, di fatto, alla "Second Wave" dello Ska. Il frizzante ritmo in levare importato dalla Giamaica era stato aggiornato con la frenesia del Punk eccitando non poco la scena e spingendo schiere di ragazzi a cavalcare la neonata ondata musicale. Ma l'inquieto Jerry Dammers, il vero ideologo del movimento, scrutando l'orizzonte intuiva che la "Second Wave" stava diventato un trito clichè, un'imbarcazione pullulante di cloni destinata ad arenarsi nelle secche della noia. Da qui la decisione di cambiare rotta e guidare il gruppo, con coraggio e incoscienza, verso acque inesplorate. Destinazione: le terre Post-Ska.

Il mare è mosso e l'ago magnetico della bussola fa le bizze così, inevitabilmente, l'imbarcazione veleggia senza una rotta precisa. Lo scontento incomincia a serpeggiare fra l'equipaggio mentre Cpt. Dammers, in mezzo alla tempesta sonora, cerca di tenere dritta la barra del mixer. Nella stiva sono state caricate le merci più disparate: batterie elettroniche, strumenti esotici, oscuri cori dell'Europa Orientale, fiati Mariachi, orpelli Kitsch, paesaggi Lounge e chissà cos'altro.

La navigazione procede incostante incrociando la cupa atmosfera di "Man At C & A", il Lounge di "Pearl's Cafè", il quadretto latinoamericano di "Holiday Fortnight", la macedonia elettro-claustrofobica di "International Jet Set, ma scivola via leggera sulle acque tranquille del pregevole Soul di "I Can't Stand It", del frizzante Ska'n'Roll di "Hey, Little Rich Girl" o del pigro Rock-Steady di "Do Nothing".

La terra viene finalmente avvistata con "Stereotypes". Suddiviso in Pt. 1 e Pt. 2, il brano è una cupa escursione psichedelica di sette minuti con continue variazioni sul tema. Una tromba ubriaca e vagabonda, sicuramente clandestina, introduce il canto inespressivo di Hall, per poi ciondolare continuamente sullo sfondo senza pace.
Il brano è accompagnato da un'inquietante risacca sonora che tracima cori cosacchi e tessiture di balalaike, e si dipana incoerentemente svelando venature kitsch, squarci di cabaret, pulsioni latinoamericane e accenni di bolero.
Il ritmo è annodato ad un'ostinata rumba elettronica sostenuta dal groove metronomico del basso.
La ciurma raggiunge le isole Caraibiche (Pt. 2), con la rumba che procede imperterrita per la sua strada ed il suono che ondeggia da un canale all'altro, mentre il toasting di Neville Staple, si fa prima isterico e poi sparisce fra i flutti.

Lo "Specials" riprenderà la via del mare ma l'acuirsi degli attriti e delle tensioni interne porterà all'ammutinamento di alcuni membri dell'equipaggio e, di lì a breve, il progetto s'inabisserà definitivamente.

Quest'album è un lavoro incoerente ma coraggioso, un capitolo assai più interessante del disco d'esordio.
Per questo ne consiglio caldamente l'ascolto.

Buona navigazione.

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