Qualche giorno fa, prima di un viaggio breve, ma intenso, dovevo decidere la colonna sonora che mi avrebbe accompagnato. In questi casi l'indecisione solitamente regna sovrana e la tentazione è sempre quella di portarsi dietro decine di dischi, come una foglia di fico per coprire l'incertezza delle proprie sensazioni future. Stavolta, però, è andata diversamente, perché la mia scelta è stata rapida ricadendo senza indugi su "Dimmer" de "The Zincs" (Thrill Jockey - 2005). Il perché è insito nelle caratteristiche di questa musica, che rispecchiavano perfettamente ciò di cui avevo bisogno: una luce serena e ottimista, non accecante, ma avvolgente.

Infatti, questo gruppo guidato da Jim Elkington, già componente dei Sophia, è riuscito ad incidere un disco nel quale affiorano brandelli di indie rock dolcemente strappati da una sorta di inconscio musicale collettivo, fluttuante tra Inghilterra e Stati Uniti, che si incontrano con accenni folk e misuratissime influenze jazz. Il risultato è un disco piacevolissimo, perfetto per momenti in cui è necessario trovare una quiete misurata, limpida e non stereotipata. Sicuramente non presenta nulla di nuovo, rivoluzionario od eclatante, ma del resto non sembra avere questa pretesa. Le sue cifre stilistiche appaiono consolidate e ben modulate, spaziando tra ritmiche vellutate, chitarre ora elettriche ora acustiche, ma sempre pulite ed eleganti, esplosioni smorzate, voci calde e ben calibrate. Gli ottimi arrangiamenti, inoltre, sono nel complesso asciutti e si caratterizzano per la presenza degli archi, del violino solo, dell'armonica e di tastiere che regalano all'ascolto un dolce magnetismo solo abbozzato.

Nel complesso si trova in questo disco un buon equilibrio degli elementi in gioco, uniti con buon gusto, raffinatezza e capaci di trasmettere un fresco calore. C'è anche una malinconia di fondo, languidamente accennata come una carezza. E per tutto l'ascolto - poco inferiore ai 40 minuti - permane costante l'idea di un racconto ben strutturato. Nulla sembra essere lasciato al caso, dando però una sensazione precisa di coerenza, naturalezza e sincerità. Non si respira, insomma, l'artificio o la parvenza dell'arte, un pregio non da poco di questi tempi. E se i primi ascolti scivolano facilmente, quelli successivi hanno il pregio di insinuarsi lentamente sotto la pelle, regalando più di un rinnovato piacere, ideale per regolare dentro di sé l'intensità della luce di quest'estate ormai alle porte.

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