Che cosa c'è qui, oltre alla migliore copertina della storia?

Tanto emo: ragazzi tristi che urlano arrabbiati. Ma mai gallinacci fregnoni o buzzurri sguaiati.

Tanto pop-punk: quelle sono le sonorità. Però essendo anche emo vuol dire che le canzoni durano almeno tre minuti, che sanno suonare discretamente e che sanno strutturare un pezzo.

Tanto indie: che non vuol dire nulla, ma io lo uso come termine per definire le cose che mi piacciono e che non passano mai alla radio.**

Tigers Jaw, del 2008, è il secondo disco dei Tigers Jaw. Nel loro esordio (Belongs to the Dead, 2006) i nostri avevano prodotto del rispettabile lo-fi senza però aver trovato la loro strada. Due anni dopo, dimostrarono di aver trovato la strada e di averla imboccata alla grande. Cosa ne consegue?

Tanta voglia di spaccare: passatemi il termine, vi prego, ma questo è il suono che fanno dei diciottenni hanno appena scoperto di avere talento e se ne fregano di vivere in un'epoca in cui la parola "emo" faceva venire in mente i ragazzini con le frange colorate e le magliette dei My Chemical Romance e i mattacchioni che stanno su internet non aveva ancora iniziato a fare i meme sugli American Football.

Meraviglie di un'altra epoca. Adesso gli adolescenti da quello che so ascoltano poco emo, però si tingono di meno i capelli di colori buffi. In compenso adesso si tingono i trentenni che caricano in rete filmati di venti minuti in cui aprono le scatole dei pupazzetti del trono di spade e mostrano cosa c'è dentro. Io nel decennio scorso non ero emo, anzi la cosa più vicina al punk che ascoltavo credo fossero i Municipal Waste. Però tra un po' inizio a tagliarmi.

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