Tim Burton è IL regista della fiaba gotica, con quella sua solita soave vena di fatata malinconia che è anche alla base di altri suoi film come 'Edward mani di forbice' e della raccolta di storie 'Morte malinconica del bambino ostrica e altri racconti'. Nel 1999 Burton decise di trarre un film da un racconto di Washington Irving. Il risultato è 'Sleepy Hollow'.

Siamo nell'America puritana del 1799. L'investigatore Ichabod Crane viene inviato nel villaggio di Sleepy Hollow, a nord di New York, per risolvere un caso assai complesso, che ha dell'incredibile: tre cadaveri sono stati rinvenuti decapitati e tutti sono concordi nel ritenere responsabile un cavaliere senza testa, che da tempo terrorizza gli abitanti del villaggio reclamando il suo tributo di morte, che consiste nel decapitare le sue vittime finchè non gli verrà restituita la sua testa, che gli era stata tagliata via dopo che lui, spietato e sanguinario mercenario originario dell'Assia, era stato catturato e ucciso per far porre fine a suoi massacri. Ma non è sulla trama che voglio dilungarmi,bensì su un altro punto del film che ritengo fondamentale.

Il protagonista (un superlativo Johnny Depp che ancora una volta ci mostra l'esatto significato dell'espressione 'approfondimento psicologico dei personaggi') è assai interessante perchè passa dall'iniziale positivismo, dalla fede assoluta nelle nozioni di causa e conseguenza, all'essere travolto da una serie di eventi (l'amore per Katrina-Christina Ricci- e l'incontro-scontro col cavaliere senza testa) che lo metteranno duramente di fronte all'impossibilità di ridurre tutto alla rigorosa analisi razionale e gli faranno capire che la logica non può sempre dare una spiegazione a tutto......

Concludendo, ho voluto incentrare la mia prima recensione 'oculistica' (e si vede...) proprio sul mio film preferito, e lo è in base a quello che io, da cinefila in erba, ho definito 'canone delle due S': Sceneggiatura e Scenografia. Quanto alla scenografia, sappiamo bene che, essendo un film di Tim Burton, ci troviamo di fronte a scenari cupi, ma a tratti fatati, tanto che l'occhio resta attonito ma affascinato in maniera irreversibile. Per quanto riguarda la sceneggiatura di questo film, il suo punto di forza è, a mio parere, il continuo riproporre dell'elemento dicotomico: nel corso del film infatti troviamo lo scontro tra bene e male (incarnato da una parte dalla magia bianca, quella 'buona' per intenderci, di Katrina e dalla stregoneria della sua matrigna dall'altra), oltre a quello già citato tra razionalità ed esoterismo, tra la ragione e il seguire i dettami del cuore e degli istinti, antitesi che, per associazione di idee, ne produce un'altra, quella tra Settecento e Ottocento, tra il secolo dell'Illuminismo da una parte e quello del Romanticismo dall'altra.

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