Non avrei avuto niente di meglio da fare stanotte. Una bella sigaretta appoggiata all'angolo del tavolo, meglio se Pall Mall Blu, un accendino sempre a portata di mano e nel buio totale delle tenebre l'accensione dello schermo del televisore con il mio bell'emulatore per Playstation.

I giochi vecchi stanno anni luce davanti a quelli nuovi. Questione di mentalità, di trascorsi politici. Di bombardamenti intellettuali molto più consistenti di quelli di oggi. Anche un gioco semplice come Pacman, quindi, può avere la peculiarità di rovesciare il ceto.

Fa abbastanza freddo a dire il vero, ma le mani si scaldano picchiettando i tasti sul joypad. E la mente lavora, fervente, cercando di capire da dove iniziare a fare il percorso con quella piccola pallina gialla. Che poi diminuisce di diametro per andare a formare la bocca. Affascinante.

Ci sono quei mostri multicolore che stanno per dirmi: "Da qui non passi, stronzo, è il mio presidio". Come fregarli in cinque secondi.

Allora, non svolto qui perchè poi quello accorcia e mi frega, allora continuo ad avanzare per anticiparlo.

Mille strategie per Pacman, chissà quale sia quella giusta. Non c'è una regola precisa, l'importante è non buttarsi a capofitto. Le palline vanno raccolte tutte, Pollicino deve prendere tutte le molliche per arrivare a destinazione.

Ovviamente il bonus è d'obbligo. C'è una bella ciliegia che prima o poi sparisce da prendere, meglio fare in fretta: un ulteriore livello di difficoltà.

Pacman sembra semplice, o meglio è semplice nella struttura, nella conformazione video. Ma è un gioco che impiega il cervello, la velocità di decisione, la foga e la forza per arrivare al traguardo. E la voracità per mangiare i mostri quando si prende la pallina più grande.

Che poi, perchè quei mostri, una volta mangiati, non muoiono mai?

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