Compositore e cantante statunitense trapiantato fin dal 1980 nel nostro amato Stivale, Tom Hooker è noto ai più per aver prestato la voce, dall’84 all’88 circa, a quel progetto musicale denominato Den Harrow che, grazie all’impiego del mimo Stefano Zandri (idolo delle ragazzine dell’epoca) e delle strategie commerciali  di Roberto Turatti e Michele “Miki” Chieregato, ottiene buonissimi riscontri di vendita (“Future Brain”, “Mad Desire”, “Catch the Fox” tra le tante) in maniera inversamente proporzionale rispetto alla qualità dell’offerta. Questi fortunati esiti permettono al Nostro di arricchire la sua parallela carriera solista fino alla fine degli Ottanta, con la solita, trita e ritrita, italo disco di maniera.

Ma prima di approdare alla Baby Records e al conseguente progetto Den Harrow, Tom Hooker realizza diversi singoli passati pressoché nell’anonimato, anche se, per onor di cronaca, con “Toccami” del 1981 riesce a strappare il pass per il Festival di Sanremo. Tra i vari lavori, un dodici pollici del 1983 è degno di menzione: “Come back home” è un lungo brano di oltre sei minuti, che ancora non risente pienamente della italo disco lì lì pronta ad esplodere.

L’ampio uso delle strumentazioni elettroniche, la ritmica travolgente, gli echi vagamente funk, l’ottima padronanza della lingua e delle tecniche canore permettono al brano di ottenere una sua dignità e, nel suo essere ordinario affresco d’epoca e al tempo stesso anomalia nel panorama discografico italiano, volgere lo sguardo oltreoceano: si è più vicini ai Kool (smaccatamente anni Ottanta) e ai Raydio, piuttosto che ai Righeira. Infine, trascurabili e per nulla trascendentali le riproposizioni del brano, in varie salse, nel lato B.

Dopo gli Ottanta, Tom Hooker arranca di fronte all’inevitabile declino della italo dance, dunque nel 94 rimpatria negli States e abbandona la musica. Per finire, per una serie di curiose circostanze, cambia nome in Thomas Barbey. Dopo svariate polemiche con Stefano Zandri circa i diritti d’autore, torna nelle scene nel 2011 e reinterpreta in chiave dance i "successi" del progetto Den Harrow. 

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