Tom Waits - "Closing Time" (1973) 

Un ragazzo vagabonda per la strada dell'America underground di fine anni '60.
Non ha molti soldi in tasca e per tirare avanti fa il lavapiatti in un locale.
Appena finisce si rifugia nella notte e i suoi abitanti: prostitute, barboni, ubriachi, poeti poveri.

I suoi occhi sono intrisi di speranza e malinconia e il suo cuore è pieno di Bukowski, Miller e gli scrittori della beat generation, quelli della "parte sbagliata" del Sogno Americano.

Suo padre gli ha trasmesso la passione per il jazz e i primi accordi di piano.

Una sera, sotto l'effetto dell'alcool, si siede al pianoforte del ristorante in cui lavora ed inizia a strimpellare canzoni che raccontano le storie della gente della notte. Della sua gente.

Il pubblico ride con lui, si diverte, si commuove, lo ascolta, lo segue.

Il padrone del locale intuisce il suo talento e decide di scommettere su di lui.

Col passare del tempo Tom entra nei locali non più dalla porta della cucina ma dall'ingresso per gli artisti, accompagnato da una band di ottimi musicisti jazz.

Il suo primo disco è "Closing Time", datato 1973; il nome si riferisce all'orario di chiusura dei locali.

E' ora di chiudere. Gli ultimi clienti salutano e vanno via. Il padrone mette a posto le sedie ed asciuga i bicchieri, fino a poco prima pieni di whiskey.

Il ragazzo schivo si siede al vecchio piano polveroso appoggiato contro la parete buia e inizia a tessere una melodia delicata e dolcissima, abbandonandosi ai ricordi che lo vedono sulla sua vecchia auto in viaggio per chissà dove e per chissà quali avventure. E' "Ol' 55", una vera e propria poesia d'amore per la sua auto, che diventerà uno dei classici della lunga carriera musicale di Tom Waits.
Intanto soffusamente gli si sono avvicinati un chitarrista acustico, un contrabbassista, un sassofonista ed un batterista munito di spazzole.
Il secondo brano, "I hope that I don't fall in love with you", ci rende finalmente liberi di pensare a quella persona che abbiamo evitato di incontrare con lo sguardo per tutta la sera, perché, pur sapendo di non poterla mai avere, solo un altro sguardo ancora sarebbe bastato per farcene innamorare. Ma adesso, che il locale è vuoto ed avremmo voluto avere solo un'altra occasione di rubare il suo viso tra la folla, ci siamo accorti di essercene appena innamorati.

In "Virgina Avenue", il pianista dalla voce un po' rauca ci porta per mano in uno dei suoi tanti viaggi attraverso la notte, quando i locali sono chiusi e la gente è già a letto e ad un ragazzo povero non rimane altro che andare su e giù per la lunga strada, sognando ad occhi aperti.

Il cammino lungo i ricordi prosegue tra vecchie scarpe e cartoline ingiallite; "Old shoes & postcards" è una ballata per quell'amore lontano ma mai dimenticato, che ogni tanto fa capolino nel nostro cuore.

"Midnight Lullaby" ci fa vedere con gli occhi della mente posti lontani, perché "quando si sogna si vede per miglia e miglia".

"Martha" racconta di una telefonata che Tom, ormai vecchio, fa al suo primo grande amore, ricordando "i giorni delle rose, della poesia e della prosa", trattenendo le lacrime e rendendosi conto di come sia cambiata ormai la sua vita.

Continuano i ricordi d'amore con "Rosie", l'amore fuggito via troppo in fretta che ci ha lasciato solamente una melodia da suonare; mentre, in "Lonely", con gli occhi ed il viso solitari ripensiamo a ciò che è stato e ci lasciamo andare al pensiero che, in fondo, l'amiamo ancora.

Con "Ice Cream Man" si cambia tema: sembra che si accenda un carillon e che ne esca fuori Tom a raccontarci, sulle note di un jazz ritmato, del gelataio che regala felicità e bontà quando si è stanchi o affamati.

Ritorna il piano soffuso in "Little trip to heaven", che descrive di come tutto sia possibile e fantastico ora che possiamo guardare negli occhi la persona che amiamo.

Il viaggio sta per terminare, una sigaretta, uno sguardo alla luna e a quell'unica stella che brilla nella notte, in "Grapefruit moon".

Tom ha raccontato le sue storie; per il momento non ha più niente da dire.

Ma prima di andar via lascia parlare la musica, abbandonandosi all'intima sonata strumentale della titletrack, accompagnato solo dal suono ovattato della tromba.

Le luci si spengono.

E' ora di chiudere.

Questo disco darà inizio all'avventura musicale di uno dei più grandi ed influenti songwriter di sempre.

Un disco lontano dalle note dissacranti e dalla voce bassissima degli album dalla maturità artistica di Tom Waits, ma non per questo meno valido, anzi, si tratta di un vero piccolo gioiello musicale che, con delicatezza e senza far ruomore, colpisce sin dal primo ascolto.

Un disco da ascoltare, magari, in una silenziosa notte di inverno, in compagnia solo di una luce soffusa.

 voto: 8/10

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