Nel 1977 il cantautore di Pomona era reduce dalla pubblicazione di "Small Change" uno dei suoi dischi più riconosciuti dalla critica e impreziosito dalla presenza di canzoni leggendarie quali "Tom Traubert's Blues" e "The Piano Has Been Drinking" e decise di impegnarsi nel progetto per la realizzazione di "Foreign Affair", un disco dominato ancora dalla componente pianistica ma in cui già si intravvedono timidi segnali di cambiamento in un atmosfera come sempre emozionante e di altissimo livello compositivo debitrice solo di una minore varietà stilistica nei confronti dei dischi che verranno e dei picchi eccezionali di "Rain Dogs" e "Swordfishtrombones" e anche di "Real Gone"; la presenza di abili strumentisti inoltre non fa che mettere maggiormente in risalto le abilità oratorie del buon Tom.

L'intro della strumentale "Cinny's Waltz" e il suo imperioso finale sono il preludio perfetto per un'altra canzone in cui la voce waitsiana tratta il tema dell'amore perduto, ovvero la toccante "Muriel". Il duetto con Bette Midler in "I Never Talk to Strangers" rivela in modo efficacissimo quanto sia arguto un testo adattissimo a un finale quasi crepuscolare che introduce un curioso medley jazzistico in cui vengono ricordate le figure di Jack Kerouac e Neal Cassidy oltre alla sua nascita californiana. Le sue tipiche bar-song malinconiche tornano prepotentemente in primo piano nella stupenda "A Sight for Sore Eyes" che prende il via ricalcando le note di un pezzo tradizionale come "Auld Lang Syne". I quasi nove minuti di "Potter's Field", forti di un ottimo assolo di clarinetto da parte di Gene Cipriano, presentano alcune varianti particolari nel loro incedere noir e anticipano la grande drammaticità del finale di "Burma-Shave" e il pezzo più imprevedibile dell'intero disco, il beat-jazz di "Barber Shop".
A chiudere il disco troviamo invece la title-track, perfetto corollario dell'intero lavoro e caratterizzata da una maestosa compenetrazione tra abilità vocali e musicali e da una imponente base musicale nel finale.

In definitiva considero questo disco come il più trascurato della produzione di Tom Waits, ovviamente considerando il fatto che presenta meno spigoli rispetto ad altri suoi dischi precedenti e successivi ma è fondamentale per capire al meglio quello che sarebbe diventato sin da 'Blue Valentine' un approccio differente alle esigenze compositive.

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