Tommy Lee Jones torna dietro la macchina da presa dopo "Sunset Limited", film per la HBO tratto dall'omonima straordinaria piece teatrale di Cormac McCarthy e a quasi dieci anni di distanza da quel gioiellino di "western moderno" che risponde al nome di "Le tre sepolture", anticipatore di quella cromatizzazione del west "al giorno d'oggi" che poi sarà ripresa dai fratelli Coen in "Non è un paese per vecchi", con il caro Tommy Lee nei panni dello sceriffo. Con "The Homesman" siamo alla seconda regia per il grande schermo e ad un western più indietro negli anni, a metà del XIX secolo.

Il nostro texano trae spunto da un romanzo da tale Glendon Swarthout e narra la vicenda di Mary Bee Cuddy (Hilary Swank), donna tuttofare non sposata che si propone come volontaria per accompagnare tre donne impazzite oltre il fiume Missouri, fin nell'Iowa. Un lavoro da uomini per oltre 5 settimane di viaggio. Lei fa quello che avrebbero dovuto fare gli uomini che invece si sono tirati indietro. Subito dopo la partenza salva la vita a George Briggs (il nostro Lee Jones). Burbero e ambiguo, accetta di accompagnare la donna in questo viaggio con la rassicurazione di 300 dollari alla fine dell'impresa. E allora via nelle desolate lande dell'America centrale.

Uno che ha ormai raggiunto la soglia dei 70 anni è inevitabilmente legato ad un cinema classico e a tempi di ripresa e messa in scena che oggi si stanno perdendo. Questo modo "old style" di girare emerge in tutta la sua semplicità nelle scelte di Jones che si affida a quadri fissi e a pochi e lenti movimenti di macchina, disdegnando tecnicismi vari. "The Homesman" lavora egregiamente in sottrazione, stilistica e visiva: location basiche, interni allestiti con la semplicità della metà del'ottocento e profusione di distese e praterie. Il West com'era, niente di più, niente di meno. Questa semplicità cozza volontariamente con un racconto che non ha nulla della classicità dei vecchi film di genere: zero assalti a treni e banche, nessuno scontro tra legge e banditi, sceriffo che non c'è. Niente di tutto questo. Siamo di fronte ad un'opera drammatica che utilizza il western più come ambientazione che come racconto di quel pezzo di storia. Il personaggio interpretato dalla Swank è la donna forte più simile alla donna moderna, che scavalca l'uomo in quelle che sembrerebbero essere le sue tipiche mansioni. Risoluta, forte, decisa, mossa da una morale di solidarietà che gli deriva dalla sua fede cristiana, Mary è "l'eroe" di "The Homesman" e scardina la classica figura maschile che tipicamente fagocita il genere. Al suo fianco si inserisce il vecchio George, uno che occupa proprietà altrui, spara balle clamorose (si intuisce che inventa sul momento il nome George Briggs) e dice di essere fuggito da una squadra dell'esercito americano. La sceneggiatura lascia questa figura in chiaroscuro: non si capisce se George sia effettivamente il burbero menefreghista che dimostra di essere o se in fondo in fondo anche il suo cuore indurito può provare emozioni. La parabola sembra rifarsi al Kowalski interpretato da Eastwood in "Gran Torino". Uno che sbattendo il muso sulla realtà delle cose sembra mettere da parte i propri pregiudizi.

Le ambiguità, le cose non dette, le figure marginali ma sempre presenti delle tre pazze. Sembra quasi che "The Homesman" lavori di sottrazione non solo sul piano visivo e formale ma anche nella capacità di dipanare completamente il suo potenziale. Il minimalismo della messa in scena e il suo essere per lunghi tratti un "on the road" nel West, lascia sopite le contraddizioni dei vari personaggi, che rimangono come incompleti. La fase centrale della pellicola è quella che soffre maggiormente della reiterazione di situazioni che si ripetono senza particolare forza: scene tendenzialmente monotone e solo qua e là qualche sequenza da ricordare (lo scontro di Briggs con il cowboy che cerca di portare via una delle pazze). Emerge anche una sorta di razzismo nei confronti degli indiani, menzionati solo quando rubano loro un cavallo o additati di rubare gli indumenti dei morti (cosa che in realtà fa anche il nostro Briggs nei confronti di un indiano). Queste potenziali situazioni "di contorno" vengono appena accennate perchè lo sguardo rimane sul viaggio verso l'Iowa, che però finisce per essere un freno che tiene bloccate delle potenzialità che rimangono inespresse. Diciamo che "The Homesman" è uno di quei film che non piaceranno a coloro che cercano ritmo e varietà.

L'opera di Tommy Lee Jones regista torna sul tema del viaggio come scoperta di se e si riallaccia al precedente "Le tre sepolture" di cui ricalca lo schema, senza riuscire a raggiungere quella carica drammatica ed emotiva. "The Homesman" è un condensato di varianti, tra humor nerissimo alla fratelli Coen, tempi mutuati da Hawks, western classico e moderna ricerca visiva. Non ci sono eroi e non c'è salvezza. E' il West. Tommy Lee Jones lo racconta con un cinema stratificato, chiuso in se stesso, antispettacolare.

7,5

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