Bah, alta pressione. Fogne ristagnano, nebbie imperano, lucine di natale appannate di tizzo.
Mani in tasca, uno del baracchino mi vuole convincere a bermi un po’ di roba che chiama vin brulé.
Inspiro e sbuffo vapori acquei misti a co2 colmi di qualcosa che potrei riconoscere come tristezza. O forse è mal di vivere, o forse è qualcos’altro di cui qualcuno ha dato una definizione ben precisa.

Ci vorrebbe qualcosa che mi scuota i neuroni. Ma cosa? Potrei imbarcarmi per una guerra romantica e putrida in qualche paese esotico ma l’ultima corriera è già passata.
Ci sono, faccio come tanti, mi tengo impegnato, mi trovo un’occupazione, una ragazza, gli amici da bar. Se ti tieni impegnato il cervello s’alleggerisce e inizi a vivere in funzione di qualcosa smettendo di porti domande.
Domande? E sarebbero domande queste? E se invece imponessi al mio cervellino una risposta? Un vaffanculo scolpito nella roccia a suon di distorsioni ignoranti e sentimentali?

Un sentito grazie ai traams, che riportano a galla il rock chitarristico anni 90 in maniera impeccabile, mischiando un calderone di elementi cari ai nostalgici. Ce n’è per tutti: psych, emo, stoner, pop, amalgamati per darti la certezza che questi di musica ne masticano. Che sollievo, che bellezza, è come una carezza dolce fra le pieghe poche profonde della materia grigia.

E per una frazione di secondo mi sento speciale perchè convinto che siamo in pochi a porci certe questioni. Non è così, sono un essere pensante difettoso, incarno il malessere comune derivante dall’assenza totale di problemi, sottoprodotto dell’opulenza. Desidererei fosse vittimismo egoista ma non è così. E questa è la mia colonna sonora da eterno perdente.
Sto qua, m’ascolto in estasi la chitarra di “Sleep”, e anche per questo natale l’abbiamo svangata, caro cervellino, chissà che dischi maniaco-depressivi ci porterà l’anno nuovo.

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