L'americanissima copertina di questo "Can't Look Away" del 1989 distoglie memoria dal momento storico che sta attraversando Trevor Rabin. È il nuovo deus ex machina degli Yes, con umiltà dovuta, rigenerati dal portentoso '90125' e dal 'Big Generator'.

I conti correnti della formazione rivedono molti zeri grazie anche alla sua vena new-prog che ha apportato novità indispensabili al sound. Farà da catapulta creativa sino a oggi. Sicuramente più meriti che demeriti.

Il Rabin è al 4° lavoro solista, i 3 precedenti hanno poca visibilità a parte il Sudafrica con la sua vecchia band. I Rabbitt. Il penultimo del 1981 ha addirittura Simon Phillips alla batteria. Figlio d'arte di musicisti classici, pianista già in tenera età e successivamnente chitarrista classico. Il rock successivamente lo cattura e il prog in particolare. Il soggetto è un musicista completo ora autore di colonne sonore Hollywodiane di primo piano. Talento puro con classe cristallina. Agognato da Portnoy per i Liquid Tension nel 1997, il Rabin rifiuta. Il lavoro in questione è di buona qualità. Lo stile Rabin esce allo scoperto, siamo al massimo della produzione con un Bob Ezrin, coproduttore di "The Wall" che ci mette della pecunia. Cameo di Alan White su due brani. Qui si può capire quanto abbia e non dato agli Yes del periodo. I brani sono progressive ma miscelati dal pop '80. Tutto estremamente piacevole tendente al commerciale ma senza riserve.

"Can't Look Away" è di ottima fattura, ma che è... 90125? Ci starebbe bene. Schitarrate possenti e veloci. Il pezzo più riuscito. Porta anche a 'Endless Dream' del 1994. "Something to Hold on To" era il singolo di lancio con un megavideo premiato con il Grammy. Pezzo commerciale alla "Love Will Find a Way" più cattivo. "Sorrow" è una ballata Sudafricana con annesse percussioni in stile rock. Carica ma futile. "Cover up" con Alan White alle pelli è un canonico 4/4 alla Journey. Rock USA da braccio fuori dal finestrino. Piacevole se amate anche i Toto. Ecco "Promises". Interessante melodia ma sempre molto '80 e facilotta. "Etoile Noir" è un siparietto da 60 sec. di chitarra sovraincisa che porta a "Eyes of Love" dove si torna finalmente su livelli più alti come nel primo pezzo. Comincia bene ma poi tradisce un pò le aspettative nel ritornello ripetitivo.

"I didn't think it would last" viaggia sempre senza sorprese ma incoraggia nella positività del riff. "Hold on to me" non offre niente di nuovo. Per chi volesse assolutamente una boccata di fasti progressive ecco "Sludge". Strumentale e irriverente. Velocissima fatta di soli stacchi in sequenza. Corso di chitarra e batteria. Su "Miss You Now" torna il buon White, è molto Yes e per questo tra le migliori. Un pezzo bello carico con parecchi ingredienti riusciti. "The cape" chiude con atmosfere da soundtrack appunto alla "Armageddon". Il suo pane attuale.

Nel complesso è un album interessante dal chiaro intento commerciale, ma non delude parte delle aspettative che il nome porta. Forse troppo '80, americanizzato, con del pop che non serviva. Ma qui c'è solo lui con la sue possibilità. Suona tutto a parte la batteria. A quel punto Rabin era negli Yes, giubbotto in pelle, belloccio.... potrà prendersi delle libertà. O no?

Tre stelle.. piene piene.

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