Devo ammettere che rimasi un poco deluso quando per la prima volta ascoltai questo disco. Forse era troppo grande l'aspettativa che nutrivo per un lavoro icone della musica brasiliana.
Ci sono situazioni dove non basta la semplice fruizione dell'oggetto artistico, ma é necessario inquadrarlo in un determinato contesto storico e culturale, ed é proprio questo il caso, essendo "Ou panis et circencis" non un semplice disco ma il manifesto officiale di un movimento chiamato tropicalismo.
Siamo nel '68, un anno che non ha bisogno di presentazioni. La dittatura militare in Brasile é oramai al quarto anno. Il paese non riesce a ossigenare la sua cultura, l'estenuante ricerca di un'identitá brasileira, la forte spinta nazionalistica, l'impulso dello sviluppo industriale degli anni cinquanta, chiudono i pori alle libertà di contaminazione. Nel campo musicale, dopo la bossa-nova, che riuscí ad influenziare anche la musica afro-americana, non si trovano ne cercano altre forme in grado di innovare e/o ringiovanire i vecchi paradigmi.
Sono queste le premesse per la nascita del movimento tropicalista, destinato a durare pochi anni ma a lasciare il segno per un tempo indeterminato.
Il tropicalismo non pretese plasmare una nuova forma di comporre ed interpretare la musica come la bossa-nova, e neppure di superare la stessa, ma di introdurre una nuova attitudine, uno spirito critico che fosse piú aperto alle contaminazioni. L'esempio lampante di questa chiusura è di come ci sia stato un rifiuto, soprattutto fra i piú radicali, dell'introduzione della chitarra elettrica, considerata legata al rock americano e quindi etichettata come imperialista. Non che i giovani non ascoltassero i Beatles, anzi, una di queste preoccupazioni era di introdurre quegli elementi innovatori caratteristici proprio dei quattro inglesi, che potessero rendere appetibile la musica nazionale ai giovani. Ma non solo; i tropicalisti si spinsero alla ricerca di un completo sincretismo fra vari generi, incorporando bossa-nova, samba, baião, rock, psicadelia, e quindi il pop con il folclore, la cultura alta con quella di massa, il popolare con le avanguardie. E questo non solo musicalmente ma anche, come si denota dalla copertina, assorbendo le caratteristiche dei movimenti hippie, soprattutto nel modo di vestire, nei capelli lunghi e nella critica ai luoghi comuni.
(Mi permetto di tralasciare in questa sede i riferimenti antropofagici, eredità culturale del modernismo e pure di raccontare gli episodi relativi ai festival musicali di quegli anni. Per chi volesse leggere qualcosa di pertinente in questo sito, rimando alla recensione di Cyro Baptista e di un altro disco.
Passiamo ora all'album vero e proprio cominciando dai testi, dove a situazioni surreali, si succedono quadri naif del Brasile di quei tempi, che nascondono in fondo all'immagine, in toni appena accennati, le brutalitá della repressione, le differenze sociali (che andranno sempre piú inasprendosi con gli anni) e il contrasto fra l'illusione nei miracoli della spinta industriale e la reale convivenza con una profonda arretratezza. Testi e musiche fondono perfettamente i loro umori e le proprie contaminazioni fino a spingersi nell'eccesso, a toccare con mano il kitsch, in una voluta saturazione delle forme e dei colori.
Le musiche come giá detto attingono a vari generi e luoghi, non per questo si nota una frammentazione, anzi si sente una forte congruenza di base che è una delle chiavi di riuscita di un progetto musicale ambizioso. Non sempre si riesce a far si che un lavoro di congiunto con grandi artisti sfoci in un opera che sommi o per lo meno equalizzi le capacitá dei singoli, ma la spinta ideologica e il bellissimo lavoro di arrangiamenti del maestro Duprat, fungono rispettivamente da collante e da vernice per questo immortale lavoro.
Oggi, invece, ogni tanto lo riascolto volentieri questo disco, mi rileggo i testi e ripenso che in quegli anni quando non ero ancora nato, in una terra lontanissima dalla mia c'era qualcuno che voleva cambiare le cose, senza fucili e senza molotov, ma solo con il coraggio e la determinazione di chi è consapevole che l'arte é un'arma molto piú potente.
P.S. Mi é sembrato bello anche rendervi partecipi di alcune mie riflessioni relative alla canzone "Bat-macumba" (inclusa anche nel primo disco dei Mutantes). La parola macumba é quella che popolarmente indica i rituali religiosi afro-brasilani, con tanto di sacrifici di animali e incorporazione degli spiriti. Questa ancestralitá si pone in totale contrasto con il nome "batman" che come sappiamo tutti é un eroe della fantasia occidentale. Mario de Andrade a suo tempo definí il Brasile come "macumba per turisti". Non so se Gilberto Gil volesse sottolineare questo, certo che il risultato ritmico e onomatopeico della canzone é molto riuscito. Infine ho scoperto che scrivendo il testo vedremo apparire una figura geometrica che ricorda la bandiera brasiliana.
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba oh
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba
Bat Macumba ê ê, Bat Macum
Bat Macumba ê ê, Batman
Bat Macumba ê ê, Bat
Bat Macumba ê ê, Ba
Bat Macumba ê ê
Bat Macumba ê
Bat Macumba
Bat Macum
Bat Ma
Bat
Ba
Bat
Bat Ma
Bat Macum
Bat Macumba
Bat Macumba ê
Bat Macumba ê ê
Bat Macumba ê ê, Ba
Bat Macumba ê ê, Bat
Bat Macumba ê ê, Batman
Bat Macumba ê ê, Bat Macum
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba oh
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá
Bat Macumba ê ê, Bat Macumba obá!
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