Si potrà discutere circa la scelta degli Unleashed di rimanere strenuamente legati e vincolati a un determinato suono, ma è doveroso, oltre che professionalmente corretto, ricordare come la band di Johnny Hedlund abbia di fatto contribuito alla nascita di tale forma sonora e l'abbia tramandata nel corso degli anni (ormai siamo prossimi ai venti) con una definitiva abnegazione e coerenza, ma anche evitando di ripetersi al solo fine di pubblicare dischi da dare in pasto alle belve fameliche. Belve che si cibano di death metal, che non è solo svedese (tale è la provenienza del gruppo), ma in primo luogo vichingo e battagliero e blindato a doppia mandata entro una gabbia fatta di ancestrali tradizioni e mitologie nordiche.

Tutto ciò contribuisce a creare l'identità Unleashed, un'identità mai scalfita e mai abbandonata, neppure quando l'attività venne interrotta tra il 1997 e il 2002, perché la loro è in primo luogo una fede, un progetto che non è destinato a cavalcare alcuna onda del successo temporaneo o effimero e meno che mai a durare lo spazio di una stagione, in quanto l'obiettivo è quello dell'immortalità per mezzo di una ritualistica proposizione di forme musicali, che scaturiscono dall'anima e che si prefiggono il raggiungimento del Valhalla. Ed è da questa prospettiva che occorre guardare a "Hammer Battalion" (già il titolo la dice lunga), che rispetto, ad esempio, al precedente "Midvinterblot" recupera una dimensione maggiormente uniforme, visto che si parla pressoché esclusivamente il linguaggio death metal, con giusto qualche ripartenza thrash e alcuni passaggi che si collocano al limitare del brutal, e ne guadagna in quando a dimensione monolitica e guerriera.

Ci credono e non cederanno mai di un millimetro. Vanno rispettati e, per certi versi, salvaguardati, d'altronde loro stessi affermano: "Our music is a way of life".

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