Quando il giardiniere incontra il capofamiglia, lo bacia e gli lecca l'orecchio, dentro. Poi ogni tanto si sdraia nel fango, felice. La governante lo insulta aspramente, e lui si butta per terra, distrutto, dicendole “Sei cattiva!” come un bimbo alla madre severa.

Di personaggi ce ne sono una quindicina, nell'ultimo film della brava attrice Valeria Bruni Tedeschi. C'è la scrittrice e regista fallita (Bruni Tedeschi), che non sa fare a meno di mettere la sua vita nei suoi film, c'è il suo compagno (Scamarcio) che continua a illuderla per poi massacrarla, c'è la sorella distrutta (Golino) dalla morte del fratello, di cui la protagonista vorrebbe invece parlare nel suo nuovo lavoro, e la loro madre che suona il piano e vorrebbe un altro bacio. C'è il cameriere frustrato, perché lui avrebbe avuto tutte le capacità per studiare, ma senza padre... E lo sguattero perverso, la scrittrice di sinistra, il segretario spietato, la bambina adottata, il cantante aspirante suicida.

Il tentativo è quello di narrare la felliniana mancanza di ispirazione di una sceneggiatrice (che poi è quella della regista, e sarebbe facile dire che si vede), ma come ha scritto qualcuno, la Bruni Tedeschi non è Fellini. Riempie quindi il limbo artistico ed esistenziale con un pot-pourri di personaggi, storie, amori, litigi, canzoni e carnevalate non così divertenti. Il risultato è quantitativamente notevole, perché bene o male si disegnano con qualche guizzo gustoso i profili che compongono il mini mondo di stanza in questa villa della Costa Azzurra, bella solo in apparenza.

Semmai, il problema emerge sulla lunga distanza: la quantità sopperisce, o meglio, vorrebbe sopperire all'assenza di qualcosa di davvero forte da dire. Bruni Tedeschi apre mille finestre, abbozza mille ritratti, ma poi non sa cosa farsene di quelle premesse, e sostanzialmente le butta via, le richiude, torna indietro, ripete all'infinito gli stessi schemi. Arido come i suoi personaggi, soli e senza nulla da dare, il film sa vivere solo dei brevi siparietti che i personaggi-marionetta possono creare. Ma hanno il respiro breve, vanno subito in affanno.

È più facile scrivere quindici personaggi e dare loro un pezzetto di film ciascuno, piuttosto che concentrarsi su due o tre, e andare a fondo dei loro problemi, delle loro lacerazioni, dei loro slanci. Il film è quasi infantile a livello conoscitivo, non passa nulla allo spettatore, anzi, a lungo andare lo tedia perché non riesce a nascondere fino in fondo i meccanismi che usa per intrattenerlo. La giostrina esce dai cardini e il risultato è la noia.

Esemplificativo di ciò l'uso di stratagemmi ciclici per sviare dalla mancanza di un costrutto significativo: le canzoni, le scopate, i tuffi in piscina, gli impazzimenti, i fantasmi che vanno e vengono. È tutto ciclico, un ritratto sociale che poteva anche essere gradevole (e in parte lo è) se fosse arrivato a dare una lettura, un significato, un'emozione vera, un punto di vista. Ma le chiavi di lettura sono banali, tipo “Cos'è la vita senza l'amore?” oppure “la differenza tra destra e sinistra”.

Le musiche sembrano enfatizzare il lato da commedia, quasi comico, e nella loro ripetitività accentuano i difetti strutturali della pellicola. Per assurdo, uno aspetta la battuta o la trovata comica perché evidentemente la Bruni Tedeschi i significati della vita li sta ancora cercando. Ecco, lo smarrimento è reso bene, è insito proprio nei difetti del film.

5.5

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