Una giornata no può capitare a chiunque sul posto di lavoro. “Sempre meglio di chi un lavoro non ce l'ha” si pensa sempre.

Eppure non so quanti poveri disoccupati scoraggiati, quanti poveri cervelli in fuga e di belle speranze sarebbero disposti a barattare il loro orizzonte incolore con il lavoro di Gordon Freeman, fisico teorico 27enne del centro di ricerca di Black Mesa nel deserto del New Mexico.

Perché a Gordon Freeman non capita una semplice giornata no, ma una vera e propria giornata nein, niet, non, ??????, 0110111001101111, aò t'ho detto de NO!...

Perché per uno scienziato tutti quegli anni di sacrifici passati sui libri prima di assaggiare la vita vera, quegli anni passati ad essere bistrattati, quegli anni in cui la vita sociale si è messa da parte, in una pausa indefinita in nome di un obiettivo più alto per tutta l'umanità, quegli anni possono perdere di senso se ci si ritrova nel casino che è capitato al Dott. Freeman.

Se da un esperimento andato male ci si ritrova, in ordine sparso, a dover sterminare schiere di alieni orrendi usciti fuori da un portale dimensionale utilizzando armi che di solito non capitano in mano a un fisico, a camminare accucciati in chilometrici condotti d'areazioni pieni di animaletti disgustosi che ti saltano in faccia urlando, a combattere con dei marines che pareva fossero venuti a salvare te e i tuoi colleghi ma invece vogliono solo insabbiare il casino accaduto uccidendo te e i tuoi colleghi, a nuotare in acque marroni radioattive, a fuggire da un compattatore di rifiuti prima che ci schiacci (mitica citazione guerrastellarica), ad abbattere un elicottero con un bazooka, a saltellare per un campo minato o su piattaforme sospese a ridosso della parete di un canyon, a precipitare dentro un ascensore cui si è spezzato il cavo, a farsi teletrasportare nel mondo degli alieni per risolvere la cosa una volta per tutte, bè, dopo tutto questo te lo chiedi se ne sia valsa la pena. Se non sarebbe stato meglio iscriversi a una facoltà umanistica.

Al CERN tutto questo non sarebbe successo, figuriamoci all'Accademia della Crusca.

"Half-Life" è uno sparatutto del 1997 ma non vale. Cioè, è uno sparatutto ma detta così è riduttivo. È come descrivere i beatles dicendo “erano una band”.

"Half-Life" è un'avventura incredibile, una pietra miliare dello storytelling videoludico, nessun videogioco prima di questo aveva mai raccontato una storia in un modo così coinvolgente. Non ha importanza che non sia originalissima, che ci siano anche notevoli buchi nella sceneggiatura, perché in Half-Life la storia siamo noi (ehr...). Nessun filmato, nessuna introduzione, niente di niente: noi siamo Gordon Freeman, il quale nel gioco non è mai rappresentato (se non sulla copertina), non dice mai una parola, noi siamo i suoi occhi, la sua bocca, le sue orecchie, le sue mani. Il gioco inizia come una sua normale giornata di lavoro.

Fra i molti espedienti usati per farti sentire dentro il gioco menzione speciale va al sonoro, fra i più incredibili mai sentiti in un videogioco: l'aria che fischia nei condotti d'aereazione, i versi striduli e orrendi degli alieni, il contatore geiger che “scrocchia” quando ci troviamo vicino a liquidi verdastri e le radio dei marines che si coordinano per stanarti. Questi ultimi fra l'altro mostrano un'intelligenza artificiale inedita per quei tempi, ma ancora oggi notevole: infatti essi non sono manichini pronti a farsi crivellare di proiettili come i demoni di Doom, al contrario questi “vogliono vivere”, non stanno fermi a farsi sparare, se sono feriti scappano e se vedono che ti sei ficcato in un pertugio non ci pensano due volte a lanciarci dentro una granata.

"Half-Life" è un'esperienza unica: un videogioco che offre 20 ore intensissime e variegate senza mai un calo di tensione, pur non essendo un'esperienza horror in senso stretto, poiché non sapremo mai cosa si trova dietro il prossimo angolo.

Prodotto dalla ormai leggendaria Valve Corporation, software house che ha fatto della creatività e dell'originalità il suo vessillo con titoli come Portal, Team Fortress e la serie Counter-Strike, Half-Life è stato seguito da due espansioni prodotte dalla Gearbox, Opposing Force e Blue-shift, che permettono di rivivere le cronache dell'incidente di Black Mesa dagli occhi rispettivamente di uno dei marines e di una guardia di sicurezza del centro di ricerca. Ma il vero seguito ufficiale, Half-Life 2 è se possibile ancora più rivoluzionario ma questa è un'altra storia e se volete giocarci non potete perdervi l'originale.

Oggi lo si può trovare per pochi euro sia per pc che per Playstation 2 (in una conversione fedelissima con qualche miglioria grafica del 2001) con un doppiaggio italiano anche migliore di quello inglese (cosa che non si può dire per Half-Life 2, che sembra doppiato da immigrati albanesi appena scesi dal barcone). Oppure potete scaricarlo in versione “Source” con il motore grafico e fisico di Half-Life 2 e se non potete sopportare la grafica un po' datata potete trovare moltissimi texture pack per provare a svecchiarlo un po'. Ma come avrete capito Half-Life è un classico la cui eredità non ha nulla a che fare con l'involucro estetico che lo ricopre.

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